Il trionfo dell’umanità sul Grande Reset: armi, libri e contratto sociale

Di Joaquin Flores
In “Il Grande Reset distopico e il contrattacco: riduzione della popolazione e speranza per «i figli degli uomini»”, la nostra I Parte, abbiamo sviluppato i nostri saggi precedenti sull’obsolescenza programmata e i problemi del vecchio paradigma mentre entriamo nella Quarta Rivoluzione Industriale. Abbiamo osservato come diverse opere di fantascienza come “The Virus” e “I figli degli uomini” nel campo della cultura abbiano effettivamente previsto – e ce ne abbiano fornito una comprensione – il nuovo incubo reificato che si sta costruendo intorno a noi. Infine, abbiamo esaminato l’I.S.A. di Althusser, l’apparato statale ideologico e come questo si è sviluppato nella direzione di una cultura d’élite politicamente corretta che ha aperto la porta alla cosiddetta “nuova normalità”, dove la schiavitù e l’autolesionismo sono segnali di virtù.
Alla fine di “Il Grande Reset distopico e il contrattacco […]”, abbiamo visto che sarebbe necessario ripercorrere alcuni aspetti della storia del contratto sociale per gettare le basi della comprensione.
Nel nostro precedente saggio “Capitalismo dopo il lockdown: avere il potere di andare oltre“, abbiamo poi posto anche la questione del contratto sociale stesso.
Poiché la stragrande maggioranza di noi oggi è nata nella civiltà, non sempre pensiamo alle sue origini in termini di azione di individui che si unirono o formarono le prime civiltà. Tendiamo ad apprendere attraverso le nostre istituzioni che si trattava di una via di mezzo tra il volontario e il naturale, e il grande romanticismo nazionalista del XIX secolo ha promosso una precisa visione dell’autodeterminazione dei popoli che sarebbe stata poi ripresa dai movimenti nazionalisti e di sinistra intorno al mondo nel XX secolo – modello in seguito sancito dalle Nazioni Unite.
Ma gran parte della storia delle prime civiltà che costruirono lo Stato, comprendendo che le persone sono una risorsa quando sono organizzate e messe al lavoro, è basata su un certo equilibrio tra schiavitù e semilibertà.
La produzione di massa di libri e armi, avvenuta nello stesso periodo storico, ha completamente stravolto le vecchie fondamenta della società di classe. La produzione di massa di armi e libri può essere stata vista, a un certo punto, come un potente rinforzo dello status quo. Eserciti più grandi potevano essere efficacemente armati a costi inferiori. L’apparato statale ideologico, come possiamo dedurre da Althusser, poteva essere veicolato e interiorizzato in maniera più efficace. Ma come oggi con la tecnologia, tale innovazione rivelò una duplice funzionalità. Lo stesso utilizzo di tecnologie sviluppate con l’obiettivo di perfezionare i meccanismi di controllo all’interno dello status quo degli ordini oligarchici, al passo con le tecnologie di altre reti di potere concorrenti (paesi, regni, nazioni, ecc.), può essere capovolto se queste tecnologie fossero democratizzate e cadessero nelle mani del maggior numero possibile di persone. Tale è stato il processo sia nella Rivoluzione Americana, sia, ad esempio, nella resistenza vietnamita al colonialismo giapponese, francese e americano nel secolo scorso.
Per la prima volta in molti secoli, la conoscenza e la forza bruta non erano più un monopolio insormontabile detenuto dallo Stato o da coloro che da esse potevano esserne compromessi. La pistola – il grande equalizzatore degli uomini – e il libro – il grande liberatore delle menti.
Da quell’epoca di grande emancipazione e promesse, la tecnologia ha continuato con questo contraddittorio percorso di duplice funzione. Tuttavia, l’equilibrio di potere e la natura delle tecnologie finora sviluppate è mutato enormemente, favorendo lo status quo e sottraendo potere alle grandi masse. Questa deplorevole condizione, tuttavia, verrebbe capovolta dalle tecnologie applicate che la vera Quarta Rivoluzione Industriale (non il modello del World Economic Forum) porta in essere.
Nell’ultima epoca del XX secolo, avevamo iniziato una traiettoria pericolosa verso una super-specializzazione cieca e affatto lungimirante (compartimentazione), che è la caratteristica della tecnocrazia, e lontana dall’epoca liberatoria dei secoli passati che ha dato origine alle repubbliche costituzionali.
In passato, prima della vecchia epoca di liberazione, proprio come una classe militare faceva affidamento sull’accesso esclusivo agli armamenti, oggi si fa affidamento su una combinazione di programmi farmaceutici e sociali attraverso i media che sono poteri fuori dalla portata delle persone. Questa ascesa e perfezionamento di ciò che Heidegger definirebbe e ciò che Marcuse caratterizzerebbe come una modalità burocratica tecno-industriale permanentemente stabile, caratterizza il mondo odierno dei social media, degli antidepressivi, delle operazioni psicologiche di massa come le pandemie virtuali o olografiche (HIV , Covid-19, ecc.), e dello stato di sorveglianza.
Ciò è molto importante per stabilire quanto, per il prossimo futuro, sia impossibile sfuggire alla Quarta Rivoluzione Industriale. Allo stesso tempo, la natura a duplice funzione delle tecnologie conserva ancora un potenziale liberatorio, ma i metodi per arrivarci sono cambiati rispetto al passato.
Ciò significa che è fondamentale avere considerazione per l’ideologia della classe dirigente. A differenza delle concezioni rivoluzionarie repubblicane e bolsceviche del potere e del cambiamento che condividono una presunzione insurrezionalista intrinseca nell’era delle armi e dei libri (che ha reso possibile il “soldato politico”), siamo sempre più vicini allo Zenith dell’era delle tecnologie di controllo sociale. La probabilità che un gruppo controllato vinca una contesa per il potere contro il gruppo che ha il controllo si avvicina allo zero, soprattutto se la immaginiamo come una contesa tra gruppi armati in quest’epoca in cui i militari agiscono non nell’interesse delle loro famiglie allargate, ma nell’interesse di coloro che emettono gli assegni.
Tali limiti erano già compresi da teorici influenzati dal bolscevismo, come Antonio Gramsci nella sua discussione sull’egemonia nei suoi Quaderni del Carcere. L’egemonia culturale è una guerra di logoramento sull’intero terreno ideologico, una componente di ciò che oggi potremmo chiamare dominio a tutto spettro. Ciò è parallelo (e deve averla influenzata) alla successiva concezione althusseriana dell’apparato ideologico di stato (I.S.A.).
Il documento legale più rivoluzionario, sorto nel corso degli ultimi trecento anni nella tradizione occidentale, è stata la Costituzione degli Stati Uniti. Alla sua base vi è l’assunto secondo cui l’uomo nasce libero e stipula volentieri un contratto sociale, una concezione sostenuta da una determinata visione dei diritti naturali, della legge naturale e di un’eguaglianza nell’anima che il creatore ha dato in dote.
È un contratto sociale che l’uomo stipula ogni giorno e da cui può recedere ogni giorno.
Comprendere il potenziale di liberazione di una Quarta Rivoluzione Industriale significa comprendere la natura di duplice funzione della tecnologia nella storia delle passate epoche di liberazione.
Prima dell’avvento dei computer e dei robot che svolgono gran parte del lavoro nella società, le società si rafforzavano man mano che crescevano attraverso la forza-lavoro delle persone. Con l’automazione e la robotizzazione, gli esseri umani diventano un sovrapprezzo senza conseguenze per la produzione, a meno che la società stessa non sia antropocentrica.
La nuova normalità proposta è quella senza libertà di pensiero, figuriamoci di espressione. È quella in cui si etichettano le persone come se fossero animali in una riserva naturale attraverso l’irreggimentazione totale della vita di tutti i giorni. I contorni di ciò a cui può portare la civiltà tecno-industriale, di come appare la tirannia scientifica, non solo ci sono visibili ora, ma si sono insinuati nelle nostre vite nel secolo scorso.
La risposta a tutto ciò negli Stati Uniti è stata un crescente sostegno a Trump e a quel fenomeno che può essere descritto come “Trumpismo”, che nonostante l’ologramma mediatico di una vittoria di Biden potrebbe tradursi molto probabilmente in una seconda amministrazione Trump. Il trumpismo è diventato sinonimo di costituzionalismo, nonostante il linguaggio e i tropi vendicativi impiegati da un segmento sconcertante della sua base. In Inghilterra, abbiamo assistito a un movimento parallelo della post-sinistra, a un aumento dell’attivismo per il “diritto comune” e a una campagna di educazione attivista sul significato della Magna Carta. Per queste ragioni parallele, avevamo anche precedentemente caratterizzato il fenomeno Trump come figlio di un frustrato movimento Occupy Wall Street dopo la sua relazione con il Tea Party, ma rigenerato in numero e forza da una classe operaia diseredata molto tempo fa e tradita dal lavoro organizzato, il DNC e da accordi commerciali squilibrati con la Cina.
Ma mentre queste risposte (con i loro difetti e limiti) sono tutto sommato un segno salutare, non hanno ancora la profondità per articolare una visione di contrasto per una società che tenga conto anche dello stato della tecnologia così come esiste oggi. Ecco perché non abbiamo assistito a un dibattito pubblico molto approfondito sulla realtà della tecnologia e sullo stato delle cose che sono reali e presenti.
Invece, vediamo dalla reazione conservatrice alla Quarta Rivoluzione Industriale – una reazione che solleva tutte le giuste preoccupazioni e tutte le giuste critiche nei confronti della versione che il banchiere dà di essa. Ciò è storicamente parallelo ai luddisti, che all’inizio del XIX secolo videro che l’industria di massa stava sostituendo il lavoro degli artigiani con quello delle macchine.
La loro soluzione, quella di distruggere le macchine, fallì soprattutto perché le macchine producono più in volume di quanto lo facciano gli uomini. Anche se avessero vinto la battaglia politica, sarebbe stata solo questione di tempo prima che una società concorrente che utilizzasse appieno l’industria avesse superato la loro. E forse questo fa chiarezza sull’intera storia della conquista delle società nomadi e agricole da parte delle società statali e tecno-industriali anche migliaia di anni fa.
E così arriviamo alla cruda verità: non si può scappare né nascondersi dal futuro.
È compito dei liberi cittadini prendere in mano le nuove tecnologie emergenti, per i propri scopi: vivere in una società che agisce per la libertà umana e la dignità dell’anima. Un mondo in cui i nostri figli possano crescere in un contesto senza inutili paure. Un mondo in cui ci sono speranze e promesse veramente giustificate da una società reale che li circonda, basata su ciò che è vero, ciò che è bello e ciò che è buono.
Fonte: strategic-culture.org
Traduzione: Alessandro Napoli