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Patrice Lumumba: eroe africano di ieri, ispirazione per un mondo multipolare di domani

Patrice Émery Lumumba

Di Alessandro Napoli

Oggi 17 Gennaio, ricorre l’anniversario del brutale assassinio del primo ministro congolese Patrice Émery Lumumba ad opera dei sicari di quel colonialismo a cui l’eroe africano si era opposto fermamente.

La morte di Lumumba, apice dell’escalation nella guerra per procura scatenata nella regione secessionista del Katanga, segnò la fine di una transizione verso l’indipendenza di fatto del Paese che avrebbe potuto fungere da locomotiva ideologica per l’intero continente. Così fu in effetti se si considera che successivi leader pan-africanisti, primo fra tutti Thomas Sankara, si siano ispirati proprio all’esempio di Lumumba, che alla pari del ghanese Nkwame Nkrumah, del guineano Sekou Touré, nonché del libico Muammar Qaddafi, va annoverato tra quegli eroi africani che hanno inteso l’indipendenza dal colonialismo e l’emancipazione africana come un processo organico in cui l’identità tribale si ricongiunge a quella civilizzazionale attraverso l’indipendenza nazionale.

L’affermazione del leader congolese: «non dire mai degli altri che non sanno, dì piuttosto che hanno imparato cose diverse» ci sembra in sintonia con questo spirito e con quella che è la nostra idea di mondo multipolare il quale si oppone all’idea modernista e prettamente occidentale di progresso inteso come processo monotonico e dietro cui si cela l’impostazione tecnicista e pragmatista tipica del mondo anglosassone che viene elevata ad unico modello perseguibile.

Così afferma Aleksandr Dugin nell’introduzione a Noomachia: «Solo studiando le diverse culture, ricavandone la quintessenza, possiamo giungere ad una visione del pensiero umano che sia completa, e non parziale come quando si presuppone che l’essere umano debba conformarsi al modello dell’uomo moderno, europeo, bianco, materialista e liberale. Quest’ultimo è l’espressione tangibile della civiltà europea anglosassone. Ma questa è una realtà delimitata nello spazio e nel tempo; essa non è universale, rappresenta solo il modo anglosassone di sviluppare la propria storia. Se ci spostiamo nell’Europa orientale, nel mondo slavo, russo, cinese o islamico scopriamo che gli uomini non seguono lo stesso percorso e che ognuno segue una strada differente, la propria».

Consideriamo quindi il pan-africanismo, con tutte le sue sfaccettature e nonostante scelte di campo dettate da contingenze, essere stato un incipit per la messa in discussione del modello occidentale, ed in particolare di quello anglosassone, come modello egemone.

Se ieri, il colonialismo seguendo la logica del “fardello dell’uomo bianco” aveva imposto il proprio ritmo a culture e civiltà estranee alla nostra visione del mondo e della vita; oggi un neo-colonialismo ancora più famelico sta divorando le identità nel nome della grande finanza e del falso mito della globalizzazione.

Da questo nuovo imperialismo non sono esenti neppure i popoli di quello che allora prese il nome di “primo mondo”. Essi infatti si stanno vedendo calpestate le proprie culture e tradizioni alle quali per forza di cose è connessa una visione economica strettamente legata ad un determinato popolo ed un determinato luogo.

Il mondo odierno in cui la crematistica, tecnica dell’accumulazione di ricchezza, sempre più ha preso il posto dell’oikonomia, tecnica dell’amministrazione del fabbisogno – come spiegava già Aristotele – non può offrire prospettive diverse da nuove epoche oscure in cui a pagarne le spese sarà la libertà dei popoli a vantaggio del potere di pochissimi “eletti”.

Speriamo che il sacrificio di Patrice Lumumba e di altri eroi anti-colonialisti del secolo scorso possa ancora servire da ispirazione in questa congiuntura contemporanea ed insegnare ancora una volta che la vera libertà non è prettamente individuale bensì strettamente legata alla comunità, alla collettività e all’autodeterminazione delle genti.

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