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La proiezione mentale del tuo Io digitale

Di Roberto Siconolfi

Saper leggere correttamente la realtà odierna è fondamentale per chiunque voglia aprirsi degli spazi di produzione, di azione, di economia, e in ultim’analisi di vita.

Ma per leggere correttamente la realtà bisogna riconoscerne tutta la sua composizione, in tutti i suoi piani, e quindi quello sociale, culturale, economico, quello politico, storico, quello “metafisico”.

In fin dei conti l’uomo è inserito in un gioco più grande di lui, The Big Game, il “Grande Gioco”. Un gioco “divino”, e di cui lui non è che una “pedina”.

Una pedina “attiva” però, non passiva, e dalla cui attività dipende il corretto funzionamento del gioco.

In questo articolo diviso in due parti parleremo proprio di questi punti:

I Parte:

  • Postmodernità e nuova realtà: la tecnologia-digitale 
  • La postmodernità ad ogni livello
  • Dall’Io al digitale, dal digitale all’Io

II Parte:

  • Conoscere l’Io, conoscere l’era mediatico-digitale
  • Disciplinare l’Io: vivere l’era mediatico-digitale

“La proiezione mentale del tuo Io digitale”, dice Morpheus a Neo nel film dei fratelli Wachowsky Matrix (1999).

È l’iniziazione dell’eroe odierno, dell’eroe postmoderno, alla conoscenza vera e profonda della realtà, e che come ogni conoscenza iniziatica si pone al di là del mondo sensibile, dell’illusione della maya come direbbero gli induisti.

I Parte:

Postmodernità e nuova realtà: la tecnologia-digitale come nuova materia

Ma dunque la realtà tecnologico-digitale, tecnologico-mediatica, come quella del film Matrix, come vera realtà? Come realtà oltre il mondo sensibile? O forse, più precisamente, come scenario d’esistenza dell’oggi?

Possibile? Probabile! Molto probabile!

Le trasformazioni dell’esistente già procedono da millenni, come un “moto storico” che fa il suo corso.

Potremmo dire che se un tempo la realtà, l’esistente, era costituito da alberi, fiumi, mari, montagne, sole, cielo, nudo corpo umano, man mano, con la meccanica e l’industrializzazione, si è introdotta la macchina, la fabbrica, il carbone, gli idro-carburi, e tutta una serie di trasformazioni dunque dell’esistente.

Un processo che potrebbe rientrare in quelle che il filosofo René Guénon definirebbe come “modificazioni dell’ambiente” [1] (2009, p. 47).

Un moto di decadenza della realtà, che a partire da una forma “aurea” iniziale, solo spirito per intenderci, discende sempre più ad un livello massimo di materialità [2], e della quale lo scenario mediatico-tecnologico-digitale potrebbe essere nient’altro che la sua ultima veste.

Perché questo potrebbe essere la nostra realtà odierna, postmoderna più che moderna, realizzando un passaggio oltre che filosofico, scientifico, economico, politico, sociale, culturale, innanzitutto d’“esistenza”.

Tale processo procede a partire dal materialismo, tipico della modernità, ma va oltre la “solidità” del mondo nella sua molteplicità di manifestazioni, tipica del materialismo (dal materialismo scientifico alla chiusura della vita ordinaria alle forze invisibili del trascendente).

A questa fa luogo un movimento successivo, di “smaterializzazione”, di “polverizzazione” della realtà (compresa l’apertura alle forze “infere del subcosciente”).

E dunque, come nuova forma di materia, che va “oltre la materia”, è possibile avere una realtà che sia composta da strutture hardware e software, connessioni, chip, cavi, macchinari, robot, elettromagnetismo, computer e sistemi binario-informatici, metaverso, ecc.

E l’era della macchina potrebbe essere innanzitutto questo, più che una invenzione dell’uomo. O della quale, forse, alcuni uomini, i creatori di tutto ciò, si sono fatti semplicemente canale: “gli agenti, consapevoli o meno, dell’avvento dell’era della macchina e della smaterializzazione!”.

La postmodernità ad ogni livello

E tale trasformazione, come dicevamo, è complessiva, e avviene da questo nodo fondamentale, in questa fonte primaria – l’esistente –, e poi in tutti i campi della vita umana e anche dello scibile.

È un ingresso nel “post” a più livelli: postumano, post-pensiero, post-ideologico, postgiudaico-cristiano, post-mediale, ecc.

Quest’ingresso ha in sé un suo specifico portato di carattere “fisico”, “pratico”, caratterizzato dai seguenti movimenti: dissoluzione della religione e della spiritualità; dissoluzione dello Stato e delle istituzioni; dissoluzione della famiglia e della comunità; dissoluzione del sapere finora accumulato (religioso, filosofico, ideologico-politico); dissoluzione del tessuto economico-produttivo; dissoluzione dell’individuo stesso per come da noi conosciuto.

Diverse sono le tappe salienti di questo passaggio: la fine delle grandi narrazioni ideologiche connesse ad alcuni fatti storici – es. la caduta del Muro di Berlino; l’affermazione di un certo edonismo di stampo commerciale; l’importazione del cosiddetto american way of life [3] anche in Europa occidentale, e da qui anche ad altri contesti ad essa estranei (Est Europa, Africa, paesi arabi, ecc.); il superamento delle grandi costruzioni filosofiche, epistemologiche, o anche scientifiche e sociologiche, a vantaggio di modelli “leggeri”, che superino lo stesso sistema positivistico, illuministico e cartesiano.

A riguardo le teorie di Gilles Deleuze e Félix Guattari, circa il “rizoma”, figura presa in prestito dalla botanica, ma “capovolta” in senso orizzontale (Dugin, 2017, p. 242), e che rappresenta il cardine di questo sistema, articolato da “reti” e connessioni interdisciplinari “non verticali” e dunque “non autoritarie”.

E ciò investe anche la sfera della religione – l’affermazione di sincretismi spiritualistici non più istituzionalizzati –, come del pensiero – l’attacco all’autorità, e proprio grazie a media e computer, anche in campo culturale e all’interno dello stesso percorso gerarchico di apprendimento (metodo, logica centripeta e lineare, principio della consecutio, rigore, sforzo e costanza nello studio e nell’elaborazione) (Sartori, 2007).

Anche dal punto di vista societario e nel mondo delle relazioni interpersonali abbiamo un passaggio importante, quello che è stato definito dal sociologo Zygmunt Bauman della “società liquida” (Bauman, Modernità liquida, 1999): una rimodulazione dei rapporti interpersonali – dato il processo di dissoluzione della struttura sociale “classica”, o “moderna” a seconda dei punti di vista – dalla quale emerge l’individualismo sfrenato, l’“apparire” e il consumismo – intesi come “ancore” che tengono vivo il senso di appartenenza.

Questo processo viene completato a livello culturale dalle tendenze proprie alla postmodernità e al “globalismo” – l’ideologia di fondo della globalizzazione –, le quali favoriscono l’edificazione di una società di “identità omologate”, “atomi intercambiabili”, già predetta tra gli altri dal filosofo Julius Evola (1970).

Dall’Io al digitale, dal digitale all’Io

In questo quadro, “la proiezione mentale del tuo Io digitale” segna un importante passaggio. Non si tratta infatti della mente che produce l’Io digitale ma del contrario.

È il cambio di paradigma nella concezione del mezzo tipico della scena mediologica inaugurata da un Harold Innis e soprattutto da Marshall McLuhan, nella quale il medium, il mezzo, non è più “strumento per” ma è il fine stesso: “medium is the message”.

Del tutto simile il motto dei Fab Lab, la nuova officina dell’industria 4.0, ovvero “dal bit all’atomo” [4].

Questa concezione rientra esattamente nel processo, nel passaggio alla postmodernità per come da noi indicato: il medium che riscrive la realtà, essendo egli stesso il fine delle cose, l’Io digitale che produce la realtà, il bit che produce l’atomo.

Per tornare a McLuhan e alla sua concezione postmediale, o meglio, “mediologica”, che esce da quella positivista secondo la quale il mezzo è strumento per ottenere un fine, tale concezione fonde il medium al messaggio, e rende il medium agente principale dei processi storici e delle stesse mutazioni di carattere antropologico (neurologico e psicologico-sociali) che li accompagnano.

Questa concezione si forma in Marshall McLuhan a partire dalla sua opera La Galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico (2011) e prosegue con Gli strumenti del comunicare (2008), oltre che con tutta la sua opera e con la scena della “mediologia” abbracciata da tanti altri ricercatori.

La mediologia si approccia al medium non come sapere specialistico, non come a un qualcosa di fisso, ma legato alla versatilità crescente degli strumenti e al diversificarsi degli usi; e soprattutto come a un qualcosa di onnipresente e non più relativo ad alcuni momenti della vita umana.

Il medium come agente principale dei processi storici, in grado di traghettarne le dinamiche politiche e societarie, e in grado anche di riscrivere l’uomo, di ristrutturarlo antropologicamente, di plasmarne l’Io, e a partire dalla sua sfera subconscia, la vera sfera d’azione dei media secondo lo stesso McLuhan.

Una totale innovazione dunque del modo di intendere i media, e come abbiamo visto della realtà tecnologica e digitale più nel complesso; invertita di direzione, in quello che potrebbe essere il suo processo naturale, e quindi: “la proiezione mentale del tuo Io digitale!”.

II Parte:

Conoscere l’Io, conoscere l’era mediatico-digitale

Adesso – al netto di discorsi legati alle varie branche della spiritualità, della metafisica, della filosofia, sull’esistenza o meno di un Io con una propria vita autonoma –, se l’Io è quello che ci rimane dentro e fuori da questo mondo mediatico-digitale, se l’Io è il fattore invariante, il “soggetto”, allora tale Io dovrà assolutamente essere ben disciplinato.

Non è possibile entrare nel mondo del digitale, dei media, dei social media, senza aver disciplinato questo Io.

E un disciplinamento, per esser tale, deve avvenire innanzitutto su vari livelli, tutti quelli nei quali è investito il ruolo dell’Io, e deve forgiarsi dei fondamentali strumenti della conoscenza e della tecnica.

E per quanto riguarda la conoscenza, del mezzo di comunicazione e del digitale, abbiamo già detto circa la specificità di questo mondo, parlando di McLuhan e dei suoi epigoni.

E dunque il medium visto come agente principale dei processi storici e fattore determinante nella ristrutturazione antropologica della specie umana; e non più come mero strumento per l’ottenimento di qualcosa, alla maniera delle concezioni figlie del positivismo, le quali suddividono tra mezzo e fine, e magari vedono nel giornale, nella TV, nel social media, lo strumento della propagazione delle idee dominanti.

Ma ancor più nello specifico potremmo parlare dei linguaggi multimediali, e della loro peculiarità “rimodellante” delle facoltà cognitive, del modo di pensare e per certi versi della stessa plasticità cerebrale.

A riguardo alcuni studi e conoscenze specifiche avanzate dal pedagogista Roberto Maragliano e dal sociologo Giovanni Sartori.

Per Maragliano, la specificità del linguaggio multimediale è un intreccio di tre componenti: quella analitica e oggettivante della stampa, quella immersiva e sensualizzante dell’audiovisivo, e quella interattiva e operativizzante del videogioco.

Non è più la scrittura da sola, infatti, a governare il territorio della “metacognizione”, ma vi si inseriscono altre prospettive, come quella di tipo immersivo e reticolare, e di tipo “pragmatico” con possibilità di manipolare e “sfuggire alle insidie di una rappresentazione esclusivamente verbale scritturale dei dati dell’esperienza”.

Sempre per Maragliano: “i media pensano dentro di noi e ci orientano ad agire […] nei modi della reticolarità, del connessionismo e del costruzionismo”.

Si supera in questo modo anche la funzione del sapere che era di “assicurare la stabilità dell’edificio culturale dell’individuo. Ora è di rendere l’individuo più sensibile a ogni forma di trasformazione”.

Di conseguenza non è più possibile “configurare il sapere come un testo o ‘cosa’. Esso si presenta sempre meno come una struttura ‘data’ di elementi fissi e sempre più come uno spazio a enne dimensioni, un conglomerato fluido”. (Maragliano, 1998, pp. 48-52)

E se quella di Maragliano è una prospettiva “aperta”, aperta alla comprensione e alle possibilità di sviluppo in tali orizzonti, quella di Sartori è invece una posizione “chiusa”, chiusa alle possibilità di apertura di spazi.

Questo pur producendo delle analisi accurate, e delle critiche anche giuste, ma che pongono più l’accento sul fattore negativo.

Un contrasto che va sulla falsariga di quello tipico della ricerca sui mezzi di comunicazione: un contrasto che va tra “apocalittici” e “integrati” [5].

Per Sartori l’Homo Videns (Sartori, 2007), è quella particolare forma umana che ha perso la “capacità di astrazione” frutto dell’attività di lettura e di formulazione dei concetti, in virtù di quella del solo assorbimento “non filtrato” delle informazioni.

Un cambio dovuto alla continua esposizione agli schermi televisivi e dei personal computer, grazie ai quali fluiscono immagini e informazioni mal recepite e decostruenti, proprio per la sempre maggiore perdita delle facoltà di “filtro”, “selezione” e “raffinamento” dei dati tipiche della capacità di astrazione.

Un’epoca che consacra anche l’avvento della società dell’immagine come fonte comunicativa primaria, e questo proprio in un contesto di superamento del positivismo nella concezione mediologica, dove appunto è il medium stesso il messaggio!

E una delle caratteristiche più importanti di questa epoca caratterizzata da un “surplus” di immagini, mezzi di comunicazione e informazioni è che questo “surplus” crea uno squilibrio, un gioco “a somma negativa” come direbbe lo stesso Sartori (2007, p. 26).

Da questo punto di vista tra Sartori e tutta la scena degli entusiasti della rivoluzione mediatico-digitale come Nicholas Negroponte – ma anche con lo stesso pedagogista Maragliano – è in atto un duello, o forse una successione, tra il moderno e il postmoderno.

Una successione, un “avvento al nuovo” non privo di rischi.

Disciplinare l’Io: vivere l’era mediatico-digitale

A nostro avviso solo un individuo altamente “centrato” e padrone delle proprie facoltà cognitive, è in grado di beneficiare di tale quantità di informazioni. Per quest’individuo la postmodernità e la postmdedialità, forniscono materia forse “unica” per nutrimento ed “elevazione”.

Un individuo altamente “centrato” sarebbe in grado di beneficiare anche di talune di queste tendenze “mediologico-digitali”, che diversamente da quanto sostiene Sartori – imbevuto di logica razionalistico-moderna – non vanno respinte a priori, bensì “comprese” e “assunte” nella loro essenza più profonda, accettando la sfida che esse pongono.

Ma probabile che sia un numero esiguo di individui a poter usufruire di tali possibilità, mantenendo una propria “centratura” e non facendosi trasportare da questa marea di immagini, dati, informazioni e sensazioni.

E per tutti gli altri?

Per tutti gli altri resta o il “sacrificio” sull’altare della postmodernità, della postmedialità e del postumano [6], o la possibilità di essere trainati da quegli individui “centrati” che abbiamo appena menzionato.

E quindi ci chiediamo cosa e come fare per disciplinare l’Io, per renderlo consapevole e dunque in grado di districarsi, di beneficiare e di godere dell’era mediatico-digitale.

Innanzitutto, c’è da comprendere l’azione sostanzialmente subconscia dei media e della tecnologia mediatico-digitale più nel complesso, e questo proprio richiamandoci alle caratteristiche stesse della materia con la quale ci si rapporta, come indicato nella prima parte dell’articolo.

I media non impattano sulla parte razionale della psiche, ma su quella subconscia: è lì la vera azione, il vero meccanismo!

L’elaborazione concettuale viene dopo, ed è comunque secondaria: il campo di battaglia principale è il subconscio!

Una volta “preso” lo spettatore, il fruitore o l’agente interattivo del medium dal punto di vista emozionale è poi facile direzionare tale “massa” emotiva in questa o quella direzione.

Ed è in effetti questa la dinamica d’azione di buona parte dell’informazione politica, in questo sta la capacità/forza d’orientamento delle coscienze politiche su questo o quel tema, in questa o quella direzione.

Impattare il subconscio, “prendere” il subconscio, governare il subconscio, il terreno della battaglia delle informazioni, la battaglia delle parole, la battaglia politica dell’oggi.

E per proteggere tale sfera, dalle emozioni del video, in particolare quelle legate alla paura, all’angoscia, o dai pugni allo stomaco dati da certe scene cruente in onda sugli schermi, è fondamentale tenere disciplinata tutta la coscienza personale, in grado a quel punto di difendere le sue parti “inferiori” per cosi dire e di farlo anche durante l’esposizione al video.

E qui signori si entra in un altro campo: è il dominio dello spirito, della scienza dell’Io come affermerebbe il gruppo di Ur [7], della “scienza della mente” come insegnerebbe il buddhismo, o anche delle pratiche psicanalitiche più all’avanguardia, integrate degli aspetti spirituali come in Carl Gustav Jung o in un Roberto Assagioli.

O viaggiando ad un livello ancor più basso, delle pratiche sull’“intelligenza emotiva”, tanto in voga anche in certi percorsi formativi, compresi quelli scolastici.

L’educazione alla gestione delle emozioni sembra di fondamentale importanza in un mondo come quello di oggi, dove invece proprio le emozioni, e quelle di taglio prettamente negativo, sembrano slatentizzate al massimo, aprendo varchi di ogni tipo.

E non ultimi quelli di tipo subpersonale, subcoscienti appunto, spinte che provengono “dal basso” e che connaturano proprio la realtà odierna e postmoderna, come riferito nella prima parte dell’articolo.

Governare, “padroneggiare” le emozioni, e più complessivamente la sfera dell’“emotivo”.

Portare “luce” nel subconscio, renderlo vigile, desto, schermato, o comunque non eccessivamente oscillante e in grado di riposizionarsi in un “giusto mezzo”, in una centratura originaria.

Centratura diretta dalle facoltà superiori del proprio Io.

Ecco la sfida, per cavalcare l’era mediatico-digitale!

Bibliografia e filmografia:

  • Dugin A., La quarta teoria politica, NovaEuropa Edizioni, 2017.
  • Evola J., I saggi della “Nuova Antologia”, Edizioni di Ar, 1970
  • Guénon R., Il regno della quantità e i segni dei tempi, Adelphi, 2009.
  • McLuhan M., Gli strumenti del comunicare. Il Saggiatore, 2008.
  • McLuhan M., La galassia Gütenberg. Armando Editore, 2011.
  • Pireddu M. e Serra M., Mediologia. Liguori Editori, 2012.
  • Sartori G., Homo Videns. Televisione e post-pensiero, Editori Laterza, 2007.
  • Matrix, L. Wachowski, A. Wachowski, Stati Uniti d’America, Australia, 1999.
  • Eco U., Apocalittici e integrati: comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani, 1964.
  • Maragliano R., Nuovo manuale di didattica multimediale, Editori Laterza, 2007.
  • Negroponte N., Esseri digitali, Sperling & Kupfer, 1995.
  • Sartori G., Homo Videns. Televisione e post-pensiero, Editori Laterza, 2007.

Note:

[1] Modificazione dell’ambiente, si intende il cambiamento della parte “sottile”, prima ancora che fisica, dell’uomo e dell’“ambiente”, sempre sottile, ad esso relativo. Cambiamento determinato dal procedere “verso il basso” del ciclo cosmico, “poiché ogni periodo della storia dell’umanità corrisponde propriamente ad un ‘momento cosmico’ determinato, deve necessariamente esservi una correlazione costante fra lo stato stesso del mondo, o della cosiddetta ‘natura’ nel senso più comune della parola, e più specialmente dell’insieme dell’ambiente terrestre, e quello dell’umanità la cui esistenza è evidentemente condizionata da questo ambiente”. 

[2] Secondo la scansione del tempo dell’antica India, ripresa da Esiodo nel poema “Le opere e i giorni” del VIII secolo a.C., il tempo è suddiviso in questo modo: Satya Yuga o Krita Yuga, l’“età dell’oro” esiodea; Treta Yuga, l’“età dell’argento” esiodea; Dvapara Yuga, l’“età del bronzo” esiodea; Kali Yuga, l’“età del ferro” esiodea. Sempre per Esiodo tra l’“età del bronzo” e quella “del ferro” vi è quella “degli eroi”.

[3] Categoria sociologica con la quale si intende lo “stile di vita americano”.

[4] I fabrication laboratory (Fab Lab), nascono con Neil Gershenfeld, professore del Massachusetts Institute of Technology (MIT) nel 1998 ad un laboratorio universitario per la sperimentazione su nuovi materiali e tecnologie. Per Gershenfeld la rivoluzione introdotta dalla tecnologia digitale non poteva rimanere al livello bidimensionale dello schermo, ma doveva essere completata nel passaggio dal bit ad atomo, da informazione a materia.

[5] Di Umberto Eco la differenza tra coloro che esprimono critiche di taglio “aristocratico” sulla società e i mezzi di comunicazione di massa (apocalittici), e coloro che invece vi esprimono forme di ottimismo, talvolta ingenue (integrati).

[6] Movimento ideologico-culturale che in virtù del progresso informatico e biotecnologico immagina la trasformazione dell’individuo.

[7] Gruppo, “catena”, volta ad operare esotericamente nell’ambito dell’evoluzione spirituale dei suoi membri, e riguardo l’orientamento delle dinamiche storiche del proprio tempo. Il gruppo di Ur agì a partire dal 1927 e diede vita ad una rivista mensile.

Fonte: blog.advmedialab.com (I Parte); (II Parte)

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