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Dall’Ucraina non si passa, l’Occidente deve decidere la pace o la guerra con la Russia

Di Luciano Lago

Si può dedurre da molti indizi che l’operazione russa in Ucraina ha colto di sorpresa il fronte occidentale NATO che non si aspettava una mossa così decisa da parte di Putin e della sua equipe del Cremlino. In realtà il continuo avanzamento della NATO verso Est ed il cerchio di basi militari e di paesi ostili con cui gli USA e la NATO stavano progressivamente circondando la Russia non era passato sotto silenzio. Al contrario questo processo era stato visto da Mosca come un segnale di ostilità e di confronto che aveva suscitato decise prese di posizione da parte delle autorità russe ma a cui non era stato dato il giusto peso da parte di Washinton e di Bruxelles.

Il presidente Putin aveva parlato chiaro già da tempo e in particolare nel suo discorso di Monaco di 15 anni prima in cui aveva detto: “La Russia non guarda più attraverso le sue dita. È stanca dell’umiliazione, della continua violazione dei suoi interessi e d’ora in poi i nostri interessi nazionali prevarranno “.

Questo processo di determinazione avrebbe potuto iniziare prima, ma la Russia non ne aveva ancora la forza. Ci sono voluti quindici anni per superare lo shock del crollo dell’Unione Sovietica, per rimettere in sesto le forze militari e tecnologiche, perché la Russia si alzasse in piedi e tornasse da protagonista sulla scena mondiale.

Gli USA e la NATO hanno giocato sporco con l’Ucraina per creare un avamposto antirusso sotto le frontiere della Federazione Russa con il golpe di Maidan del 2014 e la successiva guerra civile interna condotta dal regime di Kiev contro le popolazioni russofone del Donbass. Un conflitto che è durato per circa otto anni e che ha prodotto circa 14.000 vittime, nell’indifferenza dell’Europa che si è voltata dall’altra parte fingendo di non vedere.

Washington e Londra si sono allevati il regime di Kiev e lo hanno istigato ad attaccare l’orso russo perché una guerra fra Russia e Ucraina sembrava conveniente per le loro finalità geopolitiche. Il piano era quello di utilizzare l’Ucraina come una leva di destabilizzazione in Europa contro la Russia che doveva servire per rompere tutti i rapporti fra Germania e Russia e di conseguenza bloccare qualsiasi prospettiva di un asse euroasiatico fra Europa e Russia.

Putin ha rotto gli indugi ed ha fatto la mossa che molti si aspettavano con il riconoscimento delle Repubbliche separatiste a cui è seguito l’intervento militare in Ucraina, quest’ultimo molto meno prevedibile.

L’Ucraina, che fino ad oggi è stata un trampolino di lancio per il crescente confronto geopolitico tra Occidente e Russia, è ora diventata un vero campo di battaglia. Questa “guerra” potrebbe essere un punto di svolta nello sviluppo di un nuovo ordine mondiale.

Si vanno delineando due fronti contrapposti tra i paesi legati al vecchio ordine dominato dagli anglo USA e le nuove potenze emergenti che reclamano un proprio spazio di sovranità, rifiutando l’ingerenza degli USA nei loro affari interni. La Russia e la Cina sono le capofila di questo nuovo sistema di equilibrio multipolare del mondo, che piaccia o no.
La crisi ucraina non nasce per caso ma era stata individuata dagli strateghi statunitensi come il punto più sensibile della sfera di influenza russa, quello che è stato storicamente al centro del confronto tra Occidente e Russia.
Sono molto attuali le considerazioni fatte dallo stratega della sicurezza nazionale polacco-americano, Zbigniew Brzezinski, quando questi scrisse: “La Russia senza l’Ucraina non è un impero. Non solo per le dimensioni e la ricchezza del Paese, ma anche perché per i russi è una questione di vita o di morte, perché hanno bisogno di una zona cuscinetto, proprio come la Polonia”. Questo stato di cose esiste da secoli: il confronto tra Occidente e Russia, ha visto prevalere la parte russa, poi il polo ha iniziato a girare lentamente negli ultimi dieci anni e mezzo.

Con il crollo dell’Unione Sovietica nelle zone della regione eurasiatica dominate dalla Russia, gli Stati Uniti hanno fatto tutto il possibile per alienare l’Ucraina dalla Russia. Il risultato del lavoro di sobillazione degli Stati Uniti è stato il Maidan, con il golpe di Kiev nel 2014 e la successiva frattura nel paese fra la parte ucraina filoccidentale e quella russofila.
La stessa Victoria Nuland ammise che Washington aveva investito 5 miliardi per la “democratizzazione” dell’Ucraina, registrata nella sua conversazione.

Per portare avanti il loro progetto gli anglosassoni hanno coltivato il nazionalismo selvaggio e aggressivo presente in Ucraina. Una forma di nazionalismo autodistruttivo, elevato a livello statale negli ultimi otto anni, quello che ha portato il paese sull’orlo del baratro, al collasso ed alla fine ha provocato una guerra su vasta scala.

Indifferenti alle conseguenze, gli Stati Uniti hanno continuato a istigare il nazionalismo ucraino in funzione antirussa, il loro obiettivo era mantenere la Russia sotto pressione e indebolirla, per poi disarticolare lo stato e ottenere il controllo delle sue ricche risorse naturali. Inoltre, con l’escalation del conflitto, gli Stati Uniti hanno raggiunto l’opposizione tra i poli orientale e occidentale dello spazio geopolitico eurasiatico, indebolendo così l’Europa occidentale e, soprattutto, la Germania.

La strategia di Washington non è cambiata ma è quella di creare un Afghanistan in Europa, portando il caos della guerra e della destabilizzazione che risponde alle loro finalità geopolitiche, quelle di impegnare la Russia in un pantano vicino alle sue frontiere e distrarre dalla alleanza con la Cina, l’altro grande nemico di Washinton.

Il presidente Putin ha ripreso l’argomento che era stato avviato nel discorso di Monaco 15 anni fa, ma questa volta ha messo in guardia l’Occidente ancora più duramente sugli interessi della Russia e sulle gravi conseguenze nell’ ignorarli. Che cosa intendeva con questo è ora noto.

L’operazione militare russa per neutralizzare le strutture offensive dell’Ucraina ha causato uno shock emotivo in Occidente, molti sono stati travolti dalla russofobia, la metà occidentale del mondo, lo stesso che per molti anni non ha prestato attenzione alle richieste e non ha voluto condurre alcun dialogo con Mosca.

Le lancette della Storia si sono mosse e la Russia di Putin è passata all’azione e questa si è diretta, prima che fosse troppo tardi, nel bloccare il processo di accerchiamento della NATO e la sobillazione nell’area centroasiatica attorno alla Federazione Russa. La Russia doveva prendere posizione prima che questa fosse definitivamente occupata dalle forze occidentali.

L’azione di forza è stata vista da Putin come necessaria per segnare le linee rosse di Mosca, rompendo lo stallo intorno all’Ucraina sorto dopo il fallimento degli accordi di Minsk e per dare all’Occidente lo stop nella sua azione di accerchiamento che Washington stava cercando di completare nel più breve tempo possibile.

Putin ha deciso l’azione anche a costo di sacrificare parte dei suoi interessi finanziari immediati per effetto delle sanzioni occidentali ma, l’aver ottenuto il sostegno dalla Cina, ha favorito quello che sembrava un passo avventuroso.

La Russia ha messo in cima alle sue priorità la sicurezza strategica, riaffermando la sua posizione essenziale nel nuovo ordine mondiale contrapposto ai tentativi anglo-USA di riaffermare l’egemonia unipolare nell’area dell’Europa.

Sembra chiaro che Putin stia affrontando un grosso rischio, questo può essere spiegato dal fatto che era in gioco l’esistenza stessa della Russia, ma la posta in gioco non permetteva manovre dilatorie.

Putin ha rovesciato la situazione di stallo in cui si trovava il suo paese ed ha riaffermato con decisione la sua presenza nel contesto euroasiatico in una azione di sfida aperta alle pretese dei vecchi egemoni. “Dall’Ucraina non si passa”, questo il messaggio che Putin ha lanciato all’amministrazione Biden ed adesso tocca all’occidente decidere se vuole la guerra o la pace.

Fonte: Idee&Azione

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