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In cammino verso la Pasqua: le tentazioni nel deserto

Gesù Cristo tentato sul monte dal diavolo (Duccio di Buoninsegna, 1308-1311)

Di Massimo Selis

La Storia cammina verso il suo compimento e chiede all’uomo di divenire sempre più consapevole della rotta e non di essere un passeggero distratto. Dopo due anni di stravolgimento a seguito di un’emergenza pseudosanitaria, ecco le prime scintille di una guerra che potrebbe divenire un gigantesco incendio. E anche questa volta, ci troviamo a vivere un’ulteriore accelerazione degli eventi (motus in fine velocior), lungo il cammino che attraverso la Quaresima conduce alla Pasqua. Per l’uomo d’oggi, allontanatosi da qualsivoglia conoscenza spirituale, ovvero simbolica e misterica, compiere tali accostamenti per cogliere il significato profondo di quanto accade, appare ridicolo. Peccato che di assolutamente ridicolo vi è semmai proprio la sub-umanità moderna. La Storia esiste come soggetto vivo che “parla” agli uomini solo se torna ad essere letta come una Metastoria, ovvero una Storia Sacra.

Per il cristiano, la scansione dell’Anno liturgico, che ciclicamente si ripete secondo la regola del tre, porta all’assimilazione graduale del mistero. Con i suoi tempi, i suoi riti e i suoi simboli esso manifesta la grande mistagogia della Chiesa.

Per addentrarci allora nel tempo della Quaresima è necessario però un chiarimento preliminare che sollevi quell’aura luttuosa di perenne afflizione e mestizia che lo accompagna. Il dolore e la penitenza debbono avere solamente un valore strumentale. Gesù infatti ci predica la beatitudine del dolore, e affatto la sua sciocca esaltazione. San Benedetto, ad esempio, metteva in guardia dalle penitenze supplementari che alcuni monaci sembravano desiderosi di imporsi, spinti dalla “gioia dello Spirito Santo”. Tali penitenze andavano sottoposte all’approvazione del padre spirituale perché «quello che si fa senza il [suo] permesso verrà imputato a presunzione e a vanagloria, e non sarà [ritenuto degno] di ricompensa».

La Pasqua è un mistero che si celebra in primavera, tempo in cui la vita germoglia. Allora anche noi durante la Quaresima siamo chiamati a preparare il terreno su cui far germogliare le nostre anime. Lo sguardo finale deve posarsi infatti non sul Cristo morto in croce, ma sul Cristo Risorto che si fa eucarestia, pane di vita. I 40 giorni che conducono alla domenica di Pasqua simboleggiano un tempo di attesa, intermedio, ma ancor più un tempo di iniziazione. Così come sono 40 anche i giorni in cui il Risorto ammaestra i suoi dopo la Resurrezione, in un dialogo intimo fra Anime.

Questo cammino iniziatico si apre con la meditazione del famoso passo delle tentazioni di Gesù nel deserto ad opera del diavolo. Questa figura può però anche venire letta in una maniera più profonda: egli è il di-abolos, il doppiamente infantile, quella forza che schiaccia l’uomo impedendogli il percorso di evoluzione spirituale che egli deve compiere sino alla meta finale, la divinizzazione. Le tre prove sono quindi simbolo di ostacoli e tappe che ciascuna anima si trova ad affrontare lungo tale tragitto.

Secondo il Vangelo di Luca, nella prima tentazione il diavolo intima a Gesù: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane». Qui si manifesta la volontà dell’uomo di comandare e letteralmente “consumare” il mondo. Di cibarsi di esso a suo piacimento violentando così le sue leggi (ontologiche) per soddisfare i propri desideri infantili. Egli agisce con tale stupida violenza perché è totalmente ignaro delle leggi ontologiche che governano tanto il cosmo che se stesso. Non solo ne ha dimenticanza, ma neppure più le ricerca. Occorre al contrario vincere la propria individualità e nutrirsi della Vita (Cristo). Prima che il diavolo faccia la sua comparsa Luca annota anche che Gesù «ebbe fame», ma non che ebbe sete. Nel racconto è tenuto celato il calice, ciò che riunisce, ovvero la comunione, perché questa è la meta che si raggiunge una volta superate tutte le prove. Nel deserto viviamo la nostra individualità, ma dobbiamo elevarci alla comunione.

Il diavolo allora così insiste: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». Questo potere a cui ci inginocchiamo, oggi è simboleggiato dalle scienze empiriche. Non soltanto quelle fisiche ma anche quelle cosiddette “umane”. Abbiamo invertito il cielo con la terra. Non più versati nelle Scienze Sacre, Cosmiche e Divine adoriamo quelle esclusivamente mondane. Così come è la metafisica a servire da vaglio alle scoperte della fisica, così anche tutti i saperi che studiano l’uomo debbono trarre origine prima di tutto dai Testi Sacri e dalla Tradizione. L’inversione che si è attuata nell’era moderna – e con questa espressione ci riferiamo ad un arco che comprende vari secoli – è certamente diabolica. Eppure siamo tutti ipnotizzati dalle conquiste delle scienze e crediamo che basti una verniciatura di morale per raddrizzare la rotta dai possibili sbandamenti. Avanzando su questo burrone non sappiamo più chi sia l’uomo e quale sia il cammino che deve compiere. Vincere la seconda prova significa quindi leggere amorevolmente nel primo Libro che Dio ha scritto, il Cosmo, e riconoscere come unica e vera antropologia, quella teandrica, tratteggiata, sotto il velo del racconto, già nei primi capitoli della Genesi.

Per la terza tentazione, infine, il diavolo conduce Gesù a Gerusalemme sul “pinnacolo del tempio” e gli dice: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gerusalemme sta ad indicare che questa prova abita specificamente nella Chiesa. Poco prima infatti il Testo recitava che «tutto il popolo fu battezzato». E quel pinnacolo del tempio può benissimo leggersi in altro modo. Il Vangelo parla di pterigion, che significa piccola ala o anche escrescenza carnosa. Noi, i battezzati, siamo lo pterigion del Cristo, la carnalità del Cristo venuto nel mondo. La prova ultima, è quella di credere alla propria carnalità, di restare orizzontali, confinati nella propria dimensione egoica. L’incongruenza tra quel «buttati giù» e l’immagine del piede che non deve inciampare la si comprende allora se guardiamo questa scena svolgersi nell’orizzontalità e non come le traduzioni ci portano a vedere, come quella di un precipitare nel vuoto, da una grande altezza. Non un buttarsi, quindi, ma uno scendere così come sul Calvario al Cristo verrà intimato provocatoriamente di “scendere dalla Croce”. Attraversare la notte di doglie che conduce al partorirci come anima, è qualcosa a cui opponiamo la più feroce resistenza. Confinati nella nostra carnalità, magari abbellita con tanto moralismo, noi non ci avvertiamo più come Anime. Origene ricordava che anche le eresie sono da annoverare tra le opere della carne, perché nascono da un pensiero che non rimane “fedele al capo”. Questa è la vera pietra d’inciampo, lo scandalo.

Le tre tentazioni descrivono pertanto l’eterno scontro fra l’Io animico e il transitorio io esistenziale che si esprime nella dimensione individuale e sociale. La sequenza in cui questi piccoli io si manifestano nelle varie prove segna la progressione della loro egoità. Il racconto sottende infatti una dinamica spirituale di trasformazione: dal materiale all’immateriale. Ecco quindi il passaggio dalle fiere (uomini carnali) agli angeli (anime), espresso in Marco. La traiettoria evolutiva del Cristo è la nostra stessa traiettoria.

Tornando all’apertura del brano è però importante evidenziare una nota di grande speranza e fiducia: è lo Spirito a condurre Gesù nel deserto. Allo stesso modo anche noi entriamo nel mondo con un “mandato” divino e le prove sono i gradini che ci permettono di salire alla cima del monte. Così appare ancora più chiara la dimensione di evoluzione spirituale che dobbiamo desumere da questo brano. Prima della sua Passione Gesù ordina ai discepoli di “preparare la Pasqua” (passaggio) indicando proprio il cammino ascetico simboleggiato dalla preparazione del pane e del vino, culmine dell’operare materiale dell’uomo. La nostra mentalità ha distorto il significato profondo di peccato riducendolo quasi ad un “reato dello spirito”. Così, meditare sui propri peccati diventa l’enumerazione di una serie di colpe a seguito delle quali si attende la pena. Peccato è però una deviazione, uno sbagliare strada che ci fa mancare il bersaglio. Indica perciò un cammino. Non superare le prove nel deserto, vuol dire allora aver deviato dal nostro cammino, dalla nostra vocazione personale, da ciò che la Storia ci chiede. Questo è il più grave peccato contro la Vita: rinunciare ad essa per restare nell’orizzontalità della carne.

La Quaresima è il tempo mediano della liturgia dell’iniziazione. Questa incomincia con il periodo preparatorio dell’Avvento e del Natale e trova la sua conclusione con la comunicazione delle grandi conoscenze (Passione e Morte – Pasqua – Ascensione e Pentecoste) le quali permettono la nostra partecipazione al mistero del Risorto.

I primi odori di guerra attraversano questo tempo quaresimale, ma ci ricordano che la meta su cui tenere ben fisso lo sguardo, è la gioia della Pasqua, dei misteri ancor più luminosi che seguono, e della trasmissione della conoscenza suprema, epi-gnosis, attraverso questi misteri. Dalla carnalità del deserto alla luce che illumina l’intelletto. Comprendere in profondità il senso di quanto ci accade intorno, cogliere le direttive e le opportunità che si aprono nei periodi di grande crisi come questo, significa non tradire la propria vocazione restando al centro della carreggiata. Per quanto violenti possano essere gli urti, colui che ha lasciato le fiere dietro di sé, sperimenta la forza e la libertà di essere anima e le fiamme (angeli) gli illuminano il cammino donandogli la sapienza. Non più l’occhio corto e opaco, ma l’occhio affilato dell’aquila che contempla le vicende umane dall’alto. Allora anche gli sconvolgimenti, dettati dall’uomo o dalla natura, troveranno il loro posto sulla strada che conduce alla ineluttabile “trasformazione” di questo mondo.

Buona preparazione alla Pasqua.

Fonte: Idee&Azione

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