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Francia: la storica battaglia del popolo contro le élites

Da Katehon

Secondo i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali, Emmanuel Macron e l’antiglobalista Marine Le Pen si contenderanno il seggio di presidente francese il prossimo 24 aprile.

Questo confronto è uno scontro di due modelli ideologici. Macron è un convinto sostenitore del globalismo, dell’oligarchia, del grande capitale, una figura sostenuta dai Rothschild. Ciò si è chiaramente manifestato nel suo sostegno incondizionato al regime criminale filoamericano di Kiev, così come alla NATO. La “grigia eminenza della politica estera francese” Bernard-Henri Levy ha visitato Odessa e Kiev, incontrando nazisti radicali provenienti da gruppi banditi nella Federazione Russa, che sostengono il regime nazista filoamericano. Inoltre, Macron ha attivamente sostenuto l’introduzione di sanzioni anti-russe, indipendentemente dagli interessi economici del proprio paese.

Il suo avversario – Le Pen – è un sostenitore della Francia sovrana, indipendente dalle forze esterne e dalla NATO. Rifiutando le interpretazioni globalistiche parziali del conflitto in Ucraina, ha assunto una posizione equilibrata di “buon senso”, offrendo di comprendere ogni situazione specifica prima di condannare la Russia. Ha anche sottolineato la colpa della NATO nel rafforzare il confronto tra Russia e Ucraina e il suo programma contiene una clausola sulla necessità che la Francia si ritiri dal comando militare della NATO.

È importante notare che queste elezioni, nonostante la disposizione politica simile delle carte, sono diverse dal 2017, perché Macron si è fatto migliaia, se non milioni di nemici in questo periodo. Il periodo della sua presidenza è costituito da continue proteste contro le sue politiche economiche e migratorie. Nei media francesi e nelle dichiarazioni dei politici, il termine “macronismo” sembrava addirittura caratterizzare il fallito piano quinquennale di Macron. Il “macronismo” è il neoliberismo nell’economia (riforma del codice del lavoro, rifiuto di indicizzare le pensioni), catastrofe migratoria, fallimenti nella politica estera (crollo dell’impero neocoloniale in Africa, deterioramento delle relazioni con la Federazione Russa, franca umiliazione da parte degli anglosassoni sotto forma di fallimento del contratto per la fornitura di sottomarini all’Australia). Il caso di alto profilo McKinsey ha anche sollevato grandi interrogativi tra la popolazione francese. McKinseyGate è uno scandalo che coinvolge contratti governativi assegnati a società di consulenza anglosassoni.

È stato rivelato che le società che Macron ha attirato per la consulenza aziendale non hanno pagato le tasse, mentre hanno ricevuto favolosi introiti dal bilancio statale del paese: 1 miliardo di euro solo nel 2021. Il focus è sulla società McKinsey, la cui sede si trova… negli Stati Uniti. Se analizziamo attentamente la leadership del partito La République en Marche di Macron, possiamo vedere una serie di coincidenze sorprendenti: l’amministratore delegato del partito Paul Midi ha lavorato per McKinsey per 8 anni. Ciò che conta in McKinseyGate, tuttavia, non è l’evasione fiscale, l’inerzia dei dipendenti pubblici di fronte all’esistenza di tale evasione, o la corruzione diffusa, ma il fatto che, di fatto, le decisioni politiche e manageriali sono state formulate per i dipendenti pubblici francesi da una società di outsourcing con sede negli Stati Uniti!

Il 16 marzo, il Senato francese ha pubblicato un rapporto in cui osservava che «la spesa [per i servizi di consulenza] è raddoppiata dal 2018, mettendo in discussione sia la nostra visione dello Stato che la sua sovranità di fronte alle imprese private e il corretto utilizzo dei nostri fondi pubblici». Dopo quattro mesi di indagini e la raccolta di 7300 documenti, la commissione d’inchiesta rileva che interi settori dell’ordine pubblico sono stati trasferiti ad aziende private. In particolare, stiamo parlando del settore sanitario, delle infrastrutture e persino… della riforma del settore legale. Così, il ricorso a consulenti è diventato un riflesso per lo Stato, che a volte dà l’impressione di “non sapere più come fare”, nonostante la dedizione dei propri attori. Il rapporto rileva che «i consulenti offrono soluzioni “chiavi in mano” ai decisori».

Riassumendo i risultati del piano quinquennale del “macronismo”, gli esperti parlano di mettere la Francia sotto il controllo esterno.

L’esito del secondo turno non è determinato oggi, i sondaggi prevedono posizioni molto vicine dei candidati. Vanno alla pari. Il popolarissimo politico conservatore Zemmour e il sovranista Dupont-Aignan hanno già chiesto di votare per la Le Pen. Macron, è invece sostenuto da Pécresse, Jadot e alcuni candidati che non hanno superato la barriera del 5%. E la stessa Pécresse non può essere responsabile dell’intero Partito Repubblicano, dal momento che il suo collega, la star del Partito Repubblicano, Eric Siotti, ha annunciato che non avrebbe votato Macron.

L’intrigo principale delle elezioni è il politico anti-globalista di sinistra Melenchon, che inaspettatamente ha ottenuto molti voti ed è molto popolare tra i “gilet gialli”. La sua intera campagna è stata costruita su una feroce critica al “macronismo”, e anche se ora dice di non sostenere Le Pen, i suoi sostenitori possono comunque fare una scelta diversa, perché Macron è un male assoluto per loro. Sicuramente non lo voteranno.

La crisi della dicotomia destra-sinistra

È importante notare che l’ingresso al secondo turno di candidati che non rappresentano i partiti classici (una ripetizione dello scenario del 2017) segna la fine del tradizionale confronto tra destra e sinistra.

La stessa divisione dei partiti politici in “destra” e “sinistra” risale alla Rivoluzione Francese. Nell’Assemblea costituente francese del 1789, i monarchici di mentalità conservatrice occuparono i seggi sul lato destro della sala riunioni, i monarchici moderati al centro e i repubblicani radicali a sinistra. Già nel corso della rivoluzione stessa e nei processi politici del XIX-XX secolo, il significato dei concetti “destra” – “sinistra” è cambiato, fino a quando la divisione stessa ha perso ogni significato. La storia politica dell’Europa e della Francia in particolare è piena di esempi di movimenti conservatori che difendono la giustizia sociale e la “sinistra” che abbandona i diritti del lavoro a favore dei migranti, delle persone LGBT e dell’ambientalismo.

Dal 2017, la mappa politica della Francia è cambiata radicalmente in connessione con l’ascesa al potere di un candidato che si è proclamato allo stesso tempo di destra e di sinistra, Marine Le Pen, che gli si è opposta, non poteva essere inequivocabilmente attribuita al lato destro, viste le apparizioni nel suo programma di elementi socialmente orientati a “sinistra”. La stessa Le Pen ha precedentemente affermato che il posto della vecchia dicotomia “sinistra/destra” è stato ora preso dalla contrapposizione tra globalisti e patrioti.

Nel nuovo panorama politico, lo schema classico della scienza politica lineare della divisione sinistra/destra è diventato insufficientemente rappresentativo. In particolare, quando viene applicato, diventa incomprensibile il flusso di voti dalla sinistra di Mélenchon alla condizionalmente “destra” della Le Pen o il deflusso di parte dei sostenitori dal “centrista” Macron alla “destra” di Zemmour.

La base teorica del nuovo schema multidimensionale per l’analisi politica è il concetto di “populismo” (momento populista) del politologo Ernest Laclos e della sociologa Chantal Mouffe. La nuova divisione è associata all’emergere di un vivace movimento “popolare” (populista) che si oppone apertamente alle élites. Il sociologo americano Christopher Lash ha un concetto simile: “rivolta delle élites” (contro il popolo).

Le élites combinano una piattaforma politica di “sinistra” (liberalismo radicale come difesa delle minoranze) e un’economia di “destra” (protezione del capitale transnazionale), e nella persona di Macron ammettono che le loro posizioni non possono essere descritte in modo univoco in termini di destra /sinistra.

Anche il movimento popolare, che in Francia oggi è rappresentato più chiaramente dai “gilet gialli” e si oppone all’oligarchia, non si definisce né di destra né di sinistra, ma si oppone all’agenda globalista di Macron, criticando l’economia di destra (il capitalismo) e la politica di sinistra (tutela delle minoranze, multiculturalismo) dell’attuale presidente.

A questo proposito, sempre più spesso nelle valutazioni e analisi degli esperti si può trovare una nuova suddivisione dettagliata in destra e sinistra, tenendo conto sia delle agende politiche che economiche, che a volte possono differire per un candidato. Uno schema simile per l’analisi delle posizioni politiche è stato sviluppato dal politologo americano David Nolan a metà del XX secolo. Il suo diagramma di scienze politiche tiene conto della divisione in categorie: libertà economiche e politiche (influenza dello stato su due categorie di libertà). Principi simili di comprensione “bidimensionale” dello spettro politico (due assi: “politica” ed economia), in contrasto con la divisione “unidimensionale” in destra e sinistra, furono stabiliti negli anni ’50 del XX secolo nelle Scienze Politiche dell’Occidente.

Separando il campo della politica e dell’economia, si può arrivare ad un’analisi più dettagliata delle posizioni dei candidati. In tale schema, ci saranno 4 tipi di atteggiamenti ideologici dei candidati:

  • politica di sinistra, economia di destra (globalismo liberale). il polo delle “élites”, rappresentato da Macron.
  • politica di destra, economia di destra (ideologia classica di destra, capitalismo e nazionalismo/conservatorismo). Polo rappresentato da Zemmour e Pécresse.
  • politica di sinistra, economia di sinistra (ideologia di sinistra classica e comunismo). Polo rappresentato da Mélenchon.
  • politica di destra, economia di sinistra (una combinazione di conservatorismo e posizioni socialisti o anticapitalisti); il polo del popolo, i “populisti”, rappresentato da Le Pen.

Traduzione di Alessandro Napoli

Fonte: geopolitika.ru

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