
Di Andrea Lucidi
Introduzione
L’Ucraina ha sempre rappresentato un crocevia in Europa tra la Europa occidentale, Mitteleuropa, Balcani ed Europa orientale. Moltissime regioni e città sono state contese tra diverse entità statali, dalla Confederazione Polacco-Lituana all’Austria-Ungheria. Durante le varie dominazioni dei territori chiave dell’identità nazionale ucraina, Transcarpazia e Galizia, le tensioni con la popolazione locale non mancarono mai, specialmente a fronte di diversi tentativi di imposizione culturale e linguistica.
Dallo scioglimento della Rus di Kiev, in pieno Medioevo, non vi fu più alcuna entità statale avete come capitale Kiev fino al periodo immediatamente precedente la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, quando alcune istanze autonomiste ucraine vennero accolte dal governo riformista e socialista, che attraverso alcune missioni tra Pietrogrado e Kiev, iniziò a definire, seppure in un’ottica federale con la Russia, i confini dell’Ucraina moderna. Le concessioni effettuate all’Ucraina portarono comunque a tensioni all’interno del governo riformista locale, che accoglieva sensibilità politiche e sociali abbastanza differenti [1]. La Rada Ucraina appoggiò i bolscevichi durante la Rivoluzione ma all’interno del territorio controllato dalla Rada di Kiev iniziarono a verificarsi delle tensioni tra il governo ucraino, socialista, e i bolscevichi del Donbass che, nel 1917, avevano organizzato una repubblica semi-indipendente nella regione, che veniva considerata parte integrante della Russia [2]. Lenin tuttavia scelse di imporre al Donbass l’appartenenza all’Ucraina ed insieme a Stalin, pianificò un intervento militare in Ucraina contro il governo socialista in appoggio ai moti operai di Kiev, desiderosi di vedere il controllo del governo rivoluzionario bolscevico esteso al territorio ucraino.
La Prima guerra mondiale era però ancora in corso e, approfittando della enorme debolezza militare della Russia rivoluzionaria che si stava rapidamente avviando verso una guerra civile, l’Impero Tedesco decise di chiudere rapidamente le operazioni sul fronte orientale avanzando verso est a gran velocità senza trovare praticamente resistenza. Nel marzo 1918 la Russia sovietica fu costretta a sottoscrivere la pace con l’Impero tedesco, a cui dovette cedere amplissime porzioni di territorio, tra cui proprio l’Ucraina, che venne costituita sotto forma di stato fantoccio sotto la protezione tedesca. L’impero tedesco utilizzò l’Ucraina per prelevare tutte le risorse e le materie prime di cui aveva bisogno per continuare lo sforzo bellico sul fronte occidentale. La sconfitta degli imperi centrali portò alla caduta del governo filotedesco e al caos politico e sociale in Ucraina, che terminò solo con la pace di Riga, a conclusione della guerra russo-polacca. La pace di Riga sancì nuovi confini tra la Polonia e l’Unione Sovietica, confini che vennero mantenuti fino al 1939 e che ancora una volta interessavano una delle regioni chiave del nazionalismo ucraino, che passava alla Polonia: la Galizia.
Stepan Bandera e collaborazionismo
Stepan Bandera rappresenta una delle gure di riferimento per il nazionalismo ucraino. Bandera proveniva da una famiglia ucraina nazionalista, nacque e si formò nell’Ucraina occidentale. Durante gli studi superiori iniziò ad interessarsi di politica iniziando a frequentare l’Unione dei Giovani Nazionalisti Ucraini e continuò questa frequentazione anche durante il periodo di studi al Politecnico di Leopoli, allora città polacca, dimostrandosi più interessato alla politica che allo studio.
L’Unione dei Giovani Nazionalisti si fondava su un decalogo simil fascista a cui tutti i membri erano tenuti ad attenersi:
«Realizzerai lo stato ucraino o morirai in battaglia per esso; non permetterai a nessuno di diffamare la gloria e l’onore della tua nazione; ricorda i grandi giorni della nostra lotta; sii fiero di essere un erede della lotta per il tridente di Volodymyr; vendicherai la morte dei gran cavalieri; non parlerai di cose importanti con nessuno, riferirai solo il necessario; non esiterai ad intraprendere le azioni più pericolose se questo sarà richiesto dalla nostra causa; tratterai i nemici della tua nazione con odio e senza alcun riguardo; né supplica, né minaccia, né tortura, né morte ti impediranno di mantenere un segreto; aspira ad espandere la forza, la ricchezza e la dimensione dello stato ucraino, anche sottomettendo gli stranieri» [3].
Nel 1929 gli attivisti ultranazionalisti si unirono in un unico movimento: l’Organizzazione degli Ucraini Nazionalisti. Bandera faceva parte della leadership dell’organizzazione e sotto la sua guida l’OUN iniziò una campagna di terrorismo in Polonia, uccidendo agenti del KGB e, nel 1934, addirittura il ministro degli interni polacco Pieracki. A seguito di questo omicidio le autorità polacche riuscirono ad arrestare Bandera, il processo che seguì l’arresto si concluse con una condanna a vita.
Nel 1939, dopo l’occupazione tedesca della Polonia, Stepan Bandera fu liberato, riprendendo subito l’attività politica e militare. Durante gli anni di prigionia aveva continuato ad intrattenere rapporti con alcuni elementi del OUN, orientandosi sempre di più verso un nazionalismo fanatico ed estremo. L’OUN veniva avvertito da Bandera come troppo moderato, per questo si verificò una scissione tra l’ala moderata, che continuò a chiamarsi OUN e l’ala di Bandera, l’OUN-B. L’Abwehr, il servizio segreto tedesco, collaborava con entrambe le organizzazioni, ma l’organizzazione di Bandera si dimostrò quella più confacente ai piani dei tedeschi. Il progetto originale dell’Abwehr prevedeva il reclutamento di ex militari polacchi da impiegare come sabotatori ed interpreti; i nazionalisti ucraini, tuttavia, si dimostrarono potenzialmente utili per le future operazioni che di lì a poco sarebbero state intraprese sul territorio sovietico.
I banderisti furono entusiasti di arruolarsi in questi reparti, inquadrati del reggimento per le operazioni speciali “Brandenburg”, furono dotati di uniformi ucraine risalenti alla guerra sovietico-polacca e giurarono fedeltà allo stato ucraino considerato occupato dalle forze sovietiche [4]. All’avio dell’operazione “Barbarossa” i nazionalisti ucraini parteciparono in prima linea all’invasione tedesca, infiltrandosi tra le linee sovietiche per effettuare operazioni di sabotaggio e di accerchiamento.
All’inizio dell’invasione dell’Unione Sovietica, Bandera inviò un memorandum ad Hitler nel quale raccomandava la concessione dell’indipendenza all’Ucraina dopo la ritirata sovietica. Indipendentemente dalle decisioni di Hitler, comunque, Bandera e la sua organizzazione avevano già pianificato un colpo di mano per dichiarare l’indipendenza ucraina alla prima occasione utile. Il 29 giugno 1941 le unità ucraine e l’esercito tedesco si trovavano alle porte di Leopoli. Senza rispettare gli ordini gli ucraini si lanciarono da soli all’assalto, espugnarono la città ed occuparono la radio, da cui trasmisero una dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina. A Berlino l’azione non fu approvata, Bandera e gli altri leader nazionalisti furono arrestati e gli fu ordinato di ritrattare la dichiarazione.
La soppressione del governo ucraino aprì la strada all’amministrazione militare tedesca, che però in breve tempo ritenne conveniente arruolare delle unità di polizia locali. Gli ex componenti delle unità militari ucraine, che puntavano ad avere il miglior addestramento militare possibile per una futura rivolta, furono i primi ad offrirsi volontari.
Nel corso della guerra, con l’intensificarsi del movimento partigiano in Ucraina, i nazionalisti di Bandera iniziarono progressivamente a prenderne il controllo no a trasformare il movimento partigiano in un esercito ucraino, l’esercito ribelle ucraino. Non tutti i nazionalisti però confluirono nel movimento partigiano, in molti andarono infatti ad alimentare reparti dipendenti dalle Waffen-SS e dalla Wehrmacht, come la “Brigata Kaminski”, l’”esercito di liberazione” di Vlasov e diverse unità di polizia che andarono anche a comporre gli Einsatzgruppen, responsabili delle stragi di civili ebrei. Con la necessità di schierare più truppe, venne deciso di arruolare i volontari ucraini all’interno di reparti delle Waffen-SS: la “30. Waffen-Grenadier-Division der SS” fu uno dei primi reparti e fu seguita poi dalla più celebre “14. Waffen-Grenadier-Division der SS Galizien”.
A differenza delle unità ucraine di polizia e quelle arruolate nei reparti dell’Esercito, i volontari ucraini nelle unità delle Waffen-SS ricevettero durante il loro addestramento anche una “educazione politica”, che serviva a sviluppare il senso di appartenenza politica dei volontari ed a riaffermare la certezza della vittoria finale tedesca. Parallelamente anche l’OUN cercò di mantenere un controllo politico sui volontari che avrebbero potuto essere usati dopo la vittoria tedesca per insorgere, reclamando l’indipendenza ucraina. I tedeschi comunque, sebbene ufficialmente perseguissero i nazionalisti ucraini, mantennero con loro attraverso vie non uffciali rapporti quantomeno «ambigui» [5].
Dopo la battaglia di Brody, dove il reparto era stato circondato dall’Armata Rossa ma era riuscito a rompere l’accerchiamento, la divisione venne riorganizzata e successivamente inviata in Slovacchia, per reprimere una rivolta antitedesca. La popolazione filotedesca fin più di una occasione salutò con giubilo [la divisione] che si era opposta ai comunisti» [6].
Quando la Germania capitolò l’8 maggio 1945, come praticamente tutti gli altri reparti stranieri delle Waffen-SS, anche la divisione “Galizien” cercò di spostarsi verso occidente, in maniera da arrendersi alle forze alleate. Inoltre, per evitare qualsiasi trasferimento in URSS come prigionieri di guerra, al momento della resa si dichiararono di nazionalità polacca. Gli ucraini della “Galizien” vennero trasferiti in un campo di prigionia nei pressi Bellaria dove, alla fine del 1945, vennero raggiunti da una commissione militare sovietica, che aveva il compito di stabilire la nazionalità dei prigionieri ed interrogarli sulle loro attività con le Waffen-SS e l’esercito ribelle ucraino.
Gli alleati però, non rispettando gli accordi circa il trasferimento dei cittadini sovietici in URSS, rifiutarono di consegnare i prigionieri ucraini e nel 1948, quando le porte del campo furono aperte, approfittarono del clima politico per chiedere asilo in vari paesi alleati, specialmente del Commonwealth britannico. Lo stesso Stepan Bandera chiese ed ottenne asilo nella Repubblica Federale Tedesca. Molti ex volontari delal “Galizien” trovarono rifugio in Canada, dove era presente una comunità ucraina molto numerosa. I reduci vennero accolti come eroi e in diversi casi riuscirono anche a diventare persone di un certo rilievo all’interno delle loro comunità [7].
Revisionismo e negazionismo
A differenza di quello che si può pensare comunemente, i tentativi di riabilitazione, revisionismo e negazione del ruolo dei volontari ucraini nelle Waffen-SS e nelle unità polizia durante la Seconda guerra mondiale è iniziato ben prima del 2014. Già nel 1993, il presidente Kuchma firmò una legge “sullo status e la garanzia di sicurezza sociale dei veterani di guerra”, legge che includeva nella categoria dei veterani anche i membri dell’esercito ribelle ucraino. Nel 2003 un parlamentare della Rada ucraina, Andrii Shkil, domandò il trasferimento del corpo di Stepan Bandera dalla Germania. Allo stesso tempo, il nipote di Bandera dichiarò che «anche dopo 44 anni dal suo assassinio, il nome “Bandera” è ancora usato per spaventare le persone, specialmente nell’Ucraina orientale. È quindi necessario condurre una campagna educativa pubblica nel paese che trasmetta alla popolazione tutta la storia dell’OUN e dell’esercito ribelle, non solo i “miti”» [8].
Come successo in Europa in situazioni simili, il dibattito politico e culturale sulla riabilitazione dei volontari ucraini nelle Waffen-SS è stato fortemente sostenuto dai movimenti di estrema destra, come il partito Svoboda, partito che si definiva fino al 2004 “partito nazional-sociale ucraino”. Nel 2012 il consiglio regionale di Leopoli introdusse un premio denominato “Premio eroe nazionale Stepan Bandera” di 20.000 grivne, da per significativi meriti nel processo di state-building ucraino.
Le organizzazioni di veterani inoltre smisero di dimostrare pubblicamente il proprio appoggio ai combattenti della “Galizien” e a Leopoli, nei pressi del sito della battaglia di Brody, eressero un monumento commemorativo per la divisione ucraina delle Waffen-SS.
Nel 2001 il ministero dell’educazione ucraino adottò un programma di insegnamento della storia ucraina nella scuola superiore, che includeva tra gli argomenti l’OUN, l’esercito ribelle e i rapporti dei partigiani nazionalisti con l’Armia Krajowa [9], l’esercito insurrezionale polacco della Polonia occupata, noto per il suo viscerale antisemitismo. Dall’adozione del programma, inoltre, si iniziò ad abbandonare il nome di “grande guerra patriottica”, considerato retaggio sovietico, per riferirsi alla Seconda guerra mondiale. In una intervista del 2009 l’ex vicepresidente dell’Istituto Ucraino di Memoria Nazionale dichiarò:
«La collaborazione della divisione “Galizia” è dibattuta. La maggioranza degli accademici ucraini è quasi sub-consciamente pronta a trovare alcune ragioni per non considerare la divisione come collaborazionista. La Francia ebbe uno stato e dei cittadini che combatterono con la Germania nazista come collaborazionisti, in Ucraina la situazione fu differente. Ci fu una forma di cooperazione ma non la classica forma di collaborazionismo» [10].
Numerose furono anche altre dichiarazioni simili da parte di esponenti dell’estrema destra, come Iurii Mykhal’chyshyn, dal 2012 membro della Rada, che nel 2009 dichiarò durante una commemorazione per la divisione “Galizien” di rifiutarsi di considerare l’esperienza degli ucraini nelle Waffen-SS come collaborazionismo, secondo la sua visione delle cose gli ucraini avevano preso parte alla Seconda guerra mondiale come una parte separata. Iurii Antoniak, direttore del Centro “Stepan Bandera” per il Revival nazionale, dichiarò addirittura che la questione sul collaborazionismo ucraino durante la Seconda guerra mondiale fosse di natura artificiale «impostaci da Mosca e dagli ebrei» [11]. La stessa figura di Bandera venne riabilitata dal governo ucraino una prima volta nel 2010, quando il presidente Yanukovich, insignì Bandera del titolo di “eroe nazionale”, decisione che venne criticata addirittura dal Parlamento europeo [12]. Il titolo fu ritirato dal governo ucraino l’anno successivo, dopo una battaglia legale iniziata dalla corte amministrativa di Donetsk.
Soltanto il partito comunista ucraino e alcuni comitati antifascisti si opposero fortemente a queste posizioni. Oleksandr Kalyniuk, primo segretario del comitato regionale di Leopoli del partito comunista, dichiarò nel 2009: «Chi sono i collaborazionisti? Tutti coloro che aiutarono i tedeschi e combatterono dalla loro parte. È chiamato Fascismo in Italia, Nazismo in Germania e qui è chiamato “nazionalismo ucraino”» [13]. Si noti che il partito comunista fu messo fuorilegge nel 2015, subito dopo gli eventi di Euromaidan e la dichiarazione della cosiddetta “operazione antiterrorismo” contro i territori del Donbass.
Nel 2011, durante una conferenza di carattere accademico, a cui parteciparono storici ucraini molto conosciuti, la maggior parte dei partecipanti furono concordi sul fatto che «Germania nazista e URSS collaborarono causando molte sofferenze all’Ucraina e alla sua popolazione. Ogni discussione sul collaborazionismo ucraino ricevette critiche aggressive» [14].
I movimenti di estrema destra già citati, come Svoboda o Pravy Sektor, diventarono molto popolari durante gli eventi di Euromaidan nel 2014, dove le loro milizie monopolizzarono la violenza delle manifestazioni. Dopo le proteste definite Antimaidan, in molte città dell’Ucraina orientale, queste milizie prima agirono per proprio occupando addirittura delle stazioni di polizia in cerca dei comandanti che non avevano, secondo loro, represso in maniera sufficientemente risoluta le manifestazioni contrarie al governo di Kiev e successivamente furono istituzionalizzate all’interno delle forze armate ucraine. In particolar modo il Battaglione, poi Reggimento “Azov” iniziò ad utilizzare una simbologia che richiamava apertamente l’esperienza della divisione “Galizien”. Quando il reparto iniziò a reclutare volontari, rivolgendosi ai movimenti neofascisti di tutta Europa, utilizzò persino la stessa propaganda: i volontari europei (neofascisti) che si opponevano all’avanzare della Russia.
Quanto esposto fino ad ora dimostra come la volontà revisionista in relazione alla storia dell’Ucraina dopo la Seconda guerra mondiale non riguarda, come in queste settimane la stampa italiana ed europea ha ripetuto insistentemente, una piccola parte della politica ucraina, ma al contrario coinvolge molti settori politici e culturali della politica ucraina ed ha particolarmente presa nelle regioni occidentali. Non è certamente un caso che la maggior parte delle commemorazioni, istituti nazionalisti ed ambienti accademici coinvolti nel dibattito revisionista siano situati nella regione di Leopoli. A chi scrive non sembra causale che fuori dall’Ucraina una parte molto importante di questo dibattito, da anni, coinvolge le università ed il mondo accademico canadese, con le partecipazioni di studiosi canadesi di origine ucraina. Del resto quando il governo ucraino ha avuto bisogno addestrare i nuovi reparti della guardia nazionale, fu proprio il Canada, con il supporto della Svezia e della NATO, ad istituire dal settembre 2015 l’operazione “Unifier”, una missione militare, la cui durata venne estesa più volte, avente come scopo l’addestramento delle forze armate ucraine, in particolare di quei reparti della guardia nazionale impegnati contro le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk.
Note:
[1] A. Graziosi, L’URSS di Lenin e Stalin, storia dell’Unione Sovietica, Il Mulino, Bologna 2010, pp. 86-87.
[2] Ivi, p. 102.
[3] D. Marples, Stepan Bandera: the resurrection of a Ukrainian nationa hero, in Europe-Asia Studies, volume 58, 2006.
[4] C. Caballero Jurado, Spezzando le catene. La divisione ucraina delle Waffen-SS, Pinerolo, Novantica Editrice, 2015, p. 72.
[5] A. Mlynarczyk, L. Rein, A. Bolianovskyi, O. Romanko, Eastern Europe. Belarusian auxiliaries, Ukrainian Waffen-SS soldiers and the special case of the Polish “Blue Police”, in Böhler Jochen, Gerwarth Robert, (a cura di.) The Waffen-SS. A European History, Oxford, Oxford University Press, 2017, p. 201.
[6] C. C. Jurado, op. cit., 2015, p. 204.
[7] A. Mlynarczyk, L. Rein, A. Bolianovskyi, O. Romanko, op. cit., 2017, p. 206.
[8] D. Marples, op. cit., p. 2.
[9] O. Khromeychuk, The Shaping of “Historical Truth”: Construction and Reconstruction of the Memory and Narrative of the Waffen SS “Galicia” Division, in Canadian Slavonic Papers, Vol. 54, Taylor & Francis, 2012, p. 457.
[10] Ivi, p. 459.
[11] Ivi, p. 160.
[12] kyivpost.com consultato il 2 aprile 2022
[13] O. Khromeychuk, op. cit., p. 461.
[14] Ivi, p. 462.
Fonte: Idee&Azione