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Postmodernità e media: il reincanto del mondo

Di Roberto Siconolfi

È un errore quello di credere che nell’Occidente attuale viga il materialismo, per come volgarmente o anche scientificamente e filosoficamente inteso.

Il passaggio tra l’epoca moderna e quella postmoderna, quella che viviamo attualmente, è un passaggio anche di fase dal punto di vista del modello di vita, del paradigma conoscitivo base, e della stessa percezione della realtà. Si passa dalle concezioni materialistiche appunto, con le radici affondanti a piene mani nel positivismo, a concezioni post-materialistiche, che superano cioè quell’impostazione in tanti risvolti, a cominciare dal modo stesso di intendere la realtà.

Si ha un ritorno, un ritorno del magico, il “reincanto del mondo” (Maffesoli, 2007), un ritorno di cui è pregna la società occidentale tutta, e in tutte le sue manifestazioni. Dagli stessi vertici della società – a riguardo il cambiamento della stessa massoneria in direzione post-illuminista e post-progressista [1] – fino ai comportamenti dell’uomo comune e della sua cultura di massa. In tutto ciò la sfera dei mezzi comunicazione è parte integrante, ed è questa un’ulteriore e più approfondita chiave di lettura che bisognerebbe dare dei media.

Postmodernità e visione del mondo: il ritorno del magico

1. Visione e percezione del mondo

Uno dei passaggi principali che connaturano la transizione dalla modernità alla postmodernità è avvenuto sul piano metafisico.

Le società seguono un loro preciso scorrere del tempo, inteso in senso qualitativo (Guénon, 2009, p.44) [2] e non solo quantitativo, e a tale preciso scorrere del tempo è legato un procedere di fasi ascendenti e decadenti.

Una concezione non lineare ma “circolare” – meglio si potrebbe intendere “a spirale” [3], doppia però – dove si “discende” da uno stato aureo primordiale [4] (Esiodo, VIII secolo a.C.) per poi risalire.

Collegata a questo moto, la differenza della stessa capacità percettiva della realtà da parte dell’uomo, oltre che una duplice possibilità.

La prima di tipo prettamente “involutivo”, legata allo scorrere inerte del tempo e degli eventi.

La seconda invece di tipo “evolutivo”, ovvero il partire dalla specifica fase nella quale si è immersi per evolvere, anziché involvere, appunto.

Da questo piano generale e complessivo si manifesta la vita tutta, e si manifestano le società umane, a cominciare dai vertici delle società.

E in tale ambito possiamo dire che se la modernità, anch’essa un passaggio di fase all’interno dello specifico ciclo decadente che stiamo vivendo (Kali Yuga o età del ferro esiodea), si è concretizzata nello spezzarsi dei collegamenti al trascendente tipici della società medievale e comunque premoderna, ora la postmodernità si consacra come un ulteriore livello.

È innanzitutto un cambiamento di percezione della realtà.

Se nelle società premoderne il mondo era percepito in maniera più piena, in tutti o in un buona parte dei suoi piani di esistenza, materiali e spirituali (il trascendente), con l’epoca moderna il troncamento da noi menzionato ha fatto si che si chiudessero determinate connessioni, e che l’uomo venisse schiacciato solo ed esclusivamente sul piano materiale.

Da qui la percezione di una certa solidità del mondo, da qui tutta una serie di concezioni scientifico-filosofiche a base positivista, in tutte le loro derivazioni (materialismo, illuminismo, razionalismo, evoluzionismo).

L’uomo e la realtà concepite come un ammasso di atomi, organismi biologici, separati l’uno dall’altro, in evoluzione a partire dalla materia, anche nelle parti spirituali o di quel che resta di esse.

Un capovolgimento del rapporto, e della realtà stessa: la materia al posto dello spirito, “la materia prima di tutto”!

Ora con la postmodernità la discesa è stata tale, e con essa il livello di sfaldamento anche della solidità del mondo, per cui si è giunti a un nuovo stato, un nuovo stato e nella percezione della realtà che nell’esistenza stessa da un punto di vista più sottile [5].

L’uomo si apre a influenze di vario genere, rompe il meccanismo di chiusura verso lo spirito, si ritorna a visioni per certi versi “pagane”, “magiche”, e le stesse élite attuali sono testimonianza di tale passaggio.

2. Élite ed esoterismo

Il substrato esoterico delle élite, infatti non affonda più né nel materialismo o nell’illuminismo, né tantomeno nelle religioni ufficiali, come il cristianesimo.

Lo stesso cristianesimo con l’attuale papato ha subito dei grandi cambiamenti dal punto di vista dottrinario.

Le attuali élite affondano sempre più dal punto di vista esoterico nelle correnti più estreme dello spiritualismo contemporaneo (es. il New Age o il satanismo), e invece determinate ideologie ambientaliste ricalcano visioni di stampo panteistico-naturaliste [6] prettamente precristiane.

Si va oltre il giudeo-cristianesimo, o a prima del giudeo-cristianesimo, in un ritorno al mondo pagano, agli dèi della natura, al ricongiungimento dello spirituale con il materiale, superando il dualismo di certe tendenze giudaico-cristiane, nelle quali dio è fuori dal mondo.

Un ricongiungimento dubbio, però, che più che a un vero paganesimo sembra averci portato alla versione parodistica di esso.

E questo discorso vale sia per la natura stessa dell’uomo del nostro tempo, incapace per costituzione ad avere un contatto diretto con i numen [7] e le potenze dello spirito, sia proprio per la evidente messinscena, talvolta ridicola altre volte tragica, che a pelle ci fa definire tutta una serie di pratiche e “rituali” come evidenti falsificazioni di qualcosa che fu, ma che forse non è mai scomparso e che può tornare in maniera piena e “vera” e proprio attraverso questo passaggio!

Postmodernità e società: tra tribalità ed edonismo

1. Tribalismo metropolitano e società signorile di massa

Tale passaggio è constatabile anche nell’ambito della società di massa – definizione forse inappropriata in quanto il secolo delle masse, il ‘900, è concluso.

Gli ambienti realizzatisi nell’Occidente odierno e postmoderno sono proprio quelli del dominio dei sensi, degli impulsi, degli istinti, e questo sia nell’ambito prettamente economico-politico – il trionfo delle società fondate sull’economia e sulla moneta – sia in un ambito relazionale, sociale, dello stile e del mondo di approcciarsi alla realtà.

L’edonismo come modalità psico-sociale di approccio alla vita: la vita per il piacere, “la società signorile di massa” (cit. Luca Ricolfi).

Un edonismo dalla forte componente commerciale, di marketing, “televisiva”.

Un edonismo indotto, dunque, ma fondato su feticci e “divinità” da adorare in terra, appunto, e che sono le star di Hollywood, del jet set, dello sport, della musica, del mainstream mediatico-culturale.

Anche la componente estetica gioca un ruolo fondamentale in questo discorso. 

Capi d’abbigliamento, dispositivi tecnologici, cibi e bevande, oggetti di vario genere che perdono la loro semplice accezione materiale, riempiendosi di significati e anche di forze “non prettamente corporee”.

Potremmo dire che gli specifici loghi, sono le egregore [8] della società odierna, in base alle quali i gruppi o le masse si orientano non solo e tanto per acquistare e usare il prodotto, ma proprio per la loro capacità “magnetica”, attrattiva, simbolica: un potente richiamo mitico, “divino”, non solo da comprare, ma da adorare.

2. Sesso e stili di vita

Ma un tale cambiamento d’epoca investe anche il mondo delle relazioni e della sessualità, interconnessi come non mai in questo tempo.

Il matrimonio, ovvero il fondamento stesso della relazione istituzionalmente e religiosamente normata, sembra perdere incessantemente colpi a vantaggio di relazioni liquide, fluide, estemporanee o comunque non per forza vincolate e vincolanti.

A ciò si intreccia un clima generale “pansessualistico”, fondato su una sovresposizione di contenuti erotici e sessuali, nel modo di vestire, di parlare, nel modo di pensare, nell’ambito ricreativo-culturale, nel mondo dell’intrattenimento televisivo.

La sessualità al centro della vita, la sessualità libera – almeno per come presentata – da limitazioni, e dunque vivibile, praticabile, “consumabile” in ogni dove, con chicchessia, dentro e al di fuori delle relazioni.

Una poligamia basata sui sensi, un “continuo” fermento dei sensi, all’interno dello stesso individuo, con tanto di teorie e ideologie che ne consolidano la forza.

Pensiamo solo agli studi o alle teorie del genere – “gender studies” –, che presentano la possibilità di poter determinare da sé la propria identità di genere, e sessuale più nel complesso, elaborando una moltitudine di categorie a riguardo.

In qualche modo una sorta di “androginia alla rovescia”, dove il percorso di ricerca ed integrazione della propria identità, anche sessuale, consistente in tutta una serie di acquisizioni sul piano spirituale, viene sostituito dal mero atto deliberativo della “mente razionale” che decide in quale categoria identitaria rientrare.

E ancora, sempre in ambito sessuale, osserviamo una molteplicità di pratiche e orientamenti, con codici comportamentali, di essere – almeno formali – che poco rientra nella concezione cristiana del sesso al solo fine della procreazione, ma che sembra richiamare molto di più la valorizzazione del corpo, dei sensi, dell’immaginazione e della sessualità del prima dell’avvento del cristianesimo.

Pratiche che detengono in sé dei frammenti di “Tradizione”, e qui veniamo al moto di “polverizzazione della realtà” tipico della postmodernità [9], e che potrebbero addirittura ricordare vecchi modelli cavallereschi o particolari rituali orgiastici dell’antichità come quelli di Cibele [10].

Pensiamo solo al culto medievale della donna e alle assonanze riscontrabili in certe pratiche di sottomissione a sfondo sadomasochistico o allo specifico odierno dominio del femminile oscuro in ambito non solo sessuale e relazionale, ma anche socio-politico tipico della nostra epoca (Dugin, 2020).  

Anche in questo caso, però, è più opportuno parlare di ritorni caricaturali di una tale epoca. Ritorni che  nascondono dentro di sé delle possibilità per elevarsi, per vedere la realtà così com’è, e dunque per superare in “meglio”, per così dire, determinati modelli che nel bene o nel male hanno fatto il loro corso.

Sempre in epoca postmoderna, tutto ciò si aggancia all’estetica e al culto del corpo, oltre che del vestire, un fenomeno complessivo che Michel Foucault ha chiamato “cura di sé” (1984).

Dal fitness al wellness, al “modo” di presentarsi e rapportarsi con gli altri oltre che nell’indossare abiti, fino allo stile di vita più propriamente inteso come “seconda pelle”, di cui parlava già un George Simmel in La metropoli e la vita dello spirito (1995). 

Una vera e propria accettazione e integrazione della “maschera” dell’essere sociale, “post-giorno lavorativo”, o forse proprio “post-giorno”, con tanto di culto della notte, eventi e raduni  artistico-musicali, all’interno di un novello “tribalismo”, metropolitano però (Maffesoli, 1988), fatto di gruppi, band, gang, crew, ecc.

In tutto questo clima, la vita dei corpi, la vita sulla terra, pullula, pulsa, si agita come non mai oltre i limiti, gli argini, le barriere calate da religioni, ideologie e modelli del vivere civile. 

Postmodernità e media: l’arcaico villaggio globale

1. Il reincanto del mondo e l’era elettrica

In questo quadro di tipo metafisico, metastorico [11], socio-politico e psico-sociale rientra pienamente l’ambito mediatico e digitale.

Pur rimanendo su un livello di analisi storico, possiamo affermare che il passaggio alla postmodernità è anche passaggio alla postmedialità, ovvero ad una nuova concezione del medium non più inteso come strumento per l’ottenimento di qualcosa, ma come fine stesso della azione nel mondo.

Agente principale dei processi storici, agente modellante e rimodellante della composizione umana dal punto di vista neuro-biologico e delle società umane stesse.

Estensione della coscienza umana a livello planetario, in un gigantesco e neoarcaico “villaggio globale” come direbbe un Marshall McLuhan.

I media in grado di plasmare l’ambiente urbanistico, oltre che domestico, in un “mondo” costituito da “connessioni viventi” (Bonomi-Abruzzese, 2004, p. 57.)  

E sarà proprio in Gli strumenti del comunicare, che McLuhan darà sfogo pienamente alla sua impostazione mediologica basata non più sul contenuto, ma sulle forme stesse del comunicare. E ciò proprio grazie al prender piede della velocità elettrica, la quale attesta che è il medium a fare la storia e ad essere il messaggio, in quanto “mescola le culture della preistoria con i sedimenti delle civiltà industriali, l’analfabeta con il semi-analfabeta e con il post-analfabeta” (1998, p. 68).

Con l’avvento dell’energia elettrica, il sistema nervoso centrale dell’individuo si “mette in rete” con il resto dell’umanità, costruendo un unico territorio, secondo un movimento concentrico improvviso, un vero e proprio “villaggio globale”. E il tutto grazie alla tecnologia!

E se la tecnologia della macchina frammentava e accentrava, quella dell’automazione invece è allo stesso tempo integrante e decentrante.

L’elettricità rende immediati i processi, mettendo fine alla sequenza, caratteristica invece della stampa e della meccanizzazione, la quale appunto frammentava ciò che era già “uno” nelle società arcaiche e illetterate.

Un “reincanto del mondo” da noi precedentemente descritto, annunciato dai cantori della postmodernità.

Un incredibile ritorno all’uomo primitivo, che a differenza di quello moderno e letterato,  si appoggia ad una cultura sostanzialmente orale e illetterata, con parole dotate di un potere magico. Un mezzo “caldo e iperestetico” che è il mondo dell’orecchio! 

Egli si sente parte organica di un “Tutto” molto più vasto di sé stesso. Diversamente, con il passaggio alla stampa, l’uomo si configurerà sulla base di nuovi meccanismi spazio-temporali e inizierà a pensare sulla base di rapporti di causalità meccanica.

2. I social media

La creazione di un “campo unificato”, un campo ulteriormente esteso in larghezza e in profondità grazie all’avvento dei social network e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT).

E’ possibile approcciarsi a questo campo in due modi.

Il primo di tipo fisico, corporeo, e per corporeo intendiamo integrato del corpo “emozionale”.

A chiarirci le idee è Derrick De Kerckhove  secondo il quale il social, la “rete”, “estende il sistema limbico del corpo singolo a quello della folla” (2014, p. 144).

Per lo studioso vi è una relazione tra la tecnologia mediatica e la parte psichico-emozionale dell’individuo, relazione che si riverbera e sull’ambiente [12] (Postman, 1983, p. 154) e sull’individuo stesso.

Sempre per De Kerckhove “Le funzioni emotive dei SNC (social network sites), traslate in Rete, corrispondono più o meno agli organi biologici. Schermi e tastiere, e tutta l’attrezzatura tecnica di pc, tablet, telefonini collegati in Rete assumono la funzione di talamo trasmettendo informazioni a fine di partecipazione e, forse, azione. Aggregatori come l’ippocampus permettono all’informazione di combinarsi da parti diverse con media differenti e, così, di crescere e assumere spessore. I social media giocano il ruolo dell’acceleratore dell’amigdala. [Essi], ippocampus del sistema, portano e archiviano discorsi e immagini che sostengono emozioni e permettono di aggregare informazioni accessibili di fatti e documenti reperibili e condivisibili in tempo reale. Facebook, Twitter, chat e room, fanno reagire la gente in onde emozionali” (2014, p. 144)

Ma vi è un modo più sottile invece di affacciarsi al suddetto campo unificato, ed è quello delineato dal filosofo e professore di sociologia della comunicazione Luciano Floiridi.

Floridi elabora il concetto di “infosfera” come l’insieme delle connessioni tecnologico-informatiche (ciberspazio) e dei i mass media classici.

Si potrebbe parlare di infosfera come di una traslazione nella realtà mediatico-digitale, su internet, e massmediatica della “noosfera”, altro concetto interessante per i nostri studi, ed elaborato da Teilhard De Chardin.

La noosfera è appunto una specie di gigantesca coscienza collettiva, o meglio l’intelaiatura psichica intessuta dagli esseri umani.

Dunque sia quello di De Kerckhove che quello Floridi è un modo per comprendere questa connessione, questa riunificazione del mondo e della comunità umana in senso arcaico, tribale, “magico” (e su questo aggettivo rimandiamo a prossimi articoli, nei quali chiariremo in che cosa consiste all’atto pratico questo ritorno del magico attraverso i media e alcuni particolari tipi di media).

Un modo che espande il lavoro di McLuhan, nel mondo di internet e dei social media, mondo che per ovvie ragioni temporali non era stato conosciuto dal sociologo canadese.

Ma, ribadiamo, quanto vi sia di positivo in questo “reincanto” è difficile stabilirlo, poiché ogni processo storico, “metastorico”, porta in un sé una involuzione e un avanzamento.

E se, al di là di ogni concezione lineare fondata su una mitologia del progresso, la portata di tali sconvolgimenti non preannuncia alcun avvento di “paradiso terrestre” o stato di “civilizzazione assoluta” – e i risultati di una forma di nevrastenia di massa oltre che di impoverimento culturale sono sotto gli occhi di tutti –, tuttavia è inevitabile come un certo grado di consapevolezza accumulata dalla storia umana si stia rimiscelando e cambiando veste, prendendo “nuove forme”, magari all’oggi ancora non del tutto conosciute ma sulle quali è interessante e fondamentale lavorare.

Bibliografia:

  • Arcella S., I Misteri di Cibele e Attis. La storia: dal mito delle origini alla romanizzazione del culto
  • De Kerckhove D., L’impatto di internet sul sistema limbico sociale, in G. Greco (a cura di), Pubbliche intimità.L’affettivo quotidiano nei siti di Social Network, FrancoAngeli, 2014.
  • Dugin A., Noomachìa. Rivolta contro il mondo postmoderno, Aga Editrice, 2020
  • Fiorentino G., Bonomi A. e Abruzzese A., La città infinita. Bruno Mondadori, 2004.
  • Guénon R., Il regno della quantità e i segni dei tempi, Adelphi, 2009.
  • Maffesoli M., Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nelle società postmoderne, Armando, Roma, 1988.
  • Maffesoli M., Le réenchantement du monde. Une éthique pour notre temps. La table ronde, 2007.
  • McLuhan M., Gli strumenti del comunicare. Il Saggiatore, 2008.
  • Pireddu M. e Serra M. (2012). Mediologia. Liguori Editori., 2012.
  • Postman N., Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservatrice, Armando, 1983.
  • Simmel G., Le metropoli e la vita dello spirito, Armando Editore, Roma, 1995.

Note:

[1] Verhaeghe E. Maffesoli: la pensée maçonnique et la post-modernité

[2] Per Guénon il tempo realizzato contiene sempre degli avvenimenti, i quali costituiscono la differenza qualitativa tra le varie epoche in cui si svolgono, quindi “non si può assolutamente considerare come realmente equivalenti due durate quantitativamente uguali, ma piene di serie di avvenimenti del tutto diverse.” Una natura, quella degli avvenimenti, “rigorosamente determinata e propriamente ‘unica’” (Guénon, p. 45).

[3] In alternativa alla concezione “ciclica” che intende il tempo come ripetizione e a quella “lineare” che lo intende come progresso, quella a spirale è una sintesi dei due, coniugando sia il moto circolare e le fasi di evoluzione e involuzione, sia il “progredire” del “sistema complessivo” e sulla base di una “legge permanente” che ne governa il movimento. Secondo Marco Maculotti, “Da un punto di vista tradizionale e ‘cosmico’, dunque, la doppia spirale è la rappresentazione di un principio dinamico che, a seconda di come lo si consideri, si ‘s-volge’ oppure si ‘avvolge’, in modo che il movimento si allontani dal centro (centrifugo) o se ne avvicini (centripeto). René Guénon afferma che essa rappresenta la manifestazione cosmica nel suo duplice aspetto di ‘sviluppo’ (successione delle ère) e di ‘avvolgimento’ che si verifica nel passaggio crepuscolare da un eone (genericamente kalpa) al successivo (pralaya, ‘Diluvio’, ekpyrosis, ‘Apocalisse’) e, in particolare, indicherebbe la continuità esistente tra i vari cicli cosmici, l’“espirazione” e l’“inspirazione” universali, che l’induismo brahminico definisce ‘i giorni e le notti di Brahmā’”. (Maculotti M., La doppia spirale e il duplice movimento di emanazione e riassorbimento del cosmo)

[4] Nel poema “Le opere e i giorni” del VIII secolo a.C., Esiodo narra delle “cinque età del mondo” riprendendo la scansione del tempo dell’antica India. In base a quest’ultima, il tempo è suddiviso in questo modo: Satya Yuga o Krita Yuga, l’“età dell’oro” esiodea; Treta Yuga, l’“età dell’argento” esiodea; Dvapara Yuga, l’“età del bronzo” esiodea; Kali Yuga, l’“età del ferro” esiodea. Sempre per Esiodo tra l’“età del bronzo” e quella “del ferro” vi è quella “degli eroi”.

[5] “Modificazione dell’ambiente” Guénon (2009, p. 47), ovvero il cambiamento della parte “sottile”, prima ancora che fisica, dell’uomo e dell’“ambiente”, sempre sottile, ad esso relativo. Cambiamento determinato dal procedere “verso il basso” del ciclo cosmico, “poiché ogni periodo della storia dell’umanità corrisponde propriamente ad un ‘momento cosmico’ determinato, deve necessariamente esservi una correlazione costante fra lo stato stesso del mondo, o della cosiddetta ‘natura’ nel senso più comune della parola, e più specialmente dell’insieme dell’ambiente terrestre, e quello dell’umanità la cui esistenza è evidentemente condizionata da questo ambiente”.

[6] La concezione del divino che si esaurisce nella natura e che non va anche, o soprattutto, “oltre” la natura.

[7] Nel mondo dell’occultismo è una “forma pensiero”, a carattere incorporeo e collettivo, in grado di influenzare il pensiero di chi la emana.

[8] Nel mondo dell’occultismo è una “forma pensiero”, a carattere incorporeo e collettivo, in grado di influenzare il pensiero di chi la emana.

[9] Siconolfi R., La proiezione mentale del tuo io digitale (parte 1)

[10] Centro Studi La Runa

[11] Collegando la storia alla metafisica.

[12] Secondo il sociologo Neil Postman i media “non sono dei meri strumenti per facilitare le cose. Sono degli ambienti […] all’interno dei quali noi scopriamo, modelliamo ed esprimiamo in modi particolari la nostra umanità”.

Fonte: blog.advmedialab.com

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